C’era un tempo in cui la televisione era ancora quasi tutta in bianco e nero ed esistevano solo due canali nazionali in Italia. Era il tempo in cui i programmi coprivano poche ore al giorno e tutta la famiglia era solita cenare davanti al telegiornale delle otto di sera. Internet era chiamato ancora Arpanet ed era usato come sistema di diffusione dei dati dall’esercito americano. E nessuno aveva mai sentito parlare di streaming, piattaforme video e via discorrendo.

Sembra stiamo parlando di secoli fa, eppure si tratta degli anni Settanta del Novecento. Anni difficili in tutto il mondo occidentale. Gli Stati Uniti erano usciti a pezzi dalla sconfitta nella guerra del Vietnam, i Paesi arabi produttori di petrolio avevano innalzato improvvisamente i prezzi scatenando la prima grande crisi energetica ed economica dopo la fine della Seconda guerra mondiale. L’Italia doveva fare i conti con gli anni di piombo e il terrorismo, oltre che con una inflazione galoppante.

In questo scenario un po’ cupo Happy Days riusciva per una mezz’ora al giorno a fare dimenticare i problemi quotidiani ai telespettatori di mezzo mondo, Italia compresa. A partire dall’8 dicembre 1977 divenne un appuntamento fisso fermarsi alle 19.20 davanti alla Tv, sintonizzarsi su quella che all’epoca veniva chiamata Prima rete Rai (l’odierna Rai 1) e assistere alle divertenti vicende della famiglia Cunningham e della sua corte di amici. In breve tempo il telefilm – oggi si direbbe serie televisiva – divenne un vero e proprio fenomeno di massa. Faceva sognare con le sue ambientazioni da America di provincia degli anni Cinquanta, i suoi colori, le sue auto, la musica di Elvis Presley e del rock and roll. Esprimeva una vitalità che il mondo occidentale pareva aver perso dopo la fine del miracolo economico seguito al secondo conflitto mondiale.

La copertina del libro

Questa vitalità – di cui abbiamo estremo bisogno in anni come i nostri in cui la mestizia non manca – viene mirabilmente rievocata nel volume “La nostra storia” (Minerva Edizioni, pp. 448), interamente dedicato al mondo di Happy Days. Un libro che per gli autori, Giuseppe Ganelli ed Emilio Targia è nato, oltre che dall’amore viscerale per questo telefilm di cult, da una semplice constatazione come scrivono nell’introduzione: «Ci è sembrato incredibile che non vi fosse, in tutto il pianeta, un volume di riferimento che racchiudesse la storia e le storie di Happy. E così è iniziato il nostro lungo viaggio, tra presente e passato, sulle orme di Fonzie, Richie & Co».

Un viaggio che si trasforma in una continua scoperta perché la storia di questa celebre sit-com, andata in onda negli Stati Uniti dal 15 gennaio 1974 al 24 settembre 1984 per 255 puntate, è un grande romanzo interpretato da grandi personaggi. Creatore del telefilm fu Garry Marshall che poi divenne il regista di film come Pretty Woman. In uno dei ruoli principali, quello del “rosso” Richie Cunningham, ritroviamo un giovane Ron Howard, ancora lontano dall’Oscar come regista di A Beautiful Mind e da successi di botteghino con Rush e Apollo 13. Ancora: la serie rappresentò l’esordio sugli schermi del geniale Robin Williams e vide un imberbe Tom Hanks in uno dei suoi primi ruoli.

Soprattutto il volume ci fa capire perché questa serie, che mise in scena una visione idealizzata della vita americana, a cavallo tra gli anni ‘50 e i ’60, alimentò una sorta di febbre che contagiò in poco tempo tutto il pianeta. Negli Stati Uniti facevano la fila per ore, in migliaia, fuori dagli Studios dove il telefilm veniva girato (in diretta!), per assistere dal vivo alle riprese di Happy Days. La sigla iniziale divenne una sorta di “canto delle sirene”, che calamitava di fronte ai teleschermi milioni di persone di ogni nazionalità. E alcuni gesti, alcune esclamazioni dei protagonisti si insinuarono velocemente nella vita di ciascuno, soprattutto grazie al personaggio di Fonzie (interpretato da Henry Winkler), il duro con giubbotto in pelle, moto e cuore d’oro che divenne così popolare da dare ancora oggi il nome a un famoso marchio di patatine!

Ma non basta: il libro è una vera miniera di informazioni, che ci aiuta a comprendere come funzionava la grande macchina dell’intrattenimento televisivo nell’America di mezzo secolo fa. Il volume, infatti, racconta la serie fin dalla sua gestazione, approfondendone il cammino attraverso gli anni. Si riscoprono poi le fasi della scrittura e delle registrazioni delle puntate, le scelte della produzione, il gradimento del pubblico, le esigenze delle reti televisive nel corso degli anni.

Pagina dopo pagina conosciamo gli attori, gli autori, la produzione, i set, il dietro le quinte, il pubblico, le curiosità, i numeri, i premi, il doppiaggio, le frasi celebri, le musiche, i motori e le interviste esclusive ai protagonisti della serie.

Il tutto arricchito da un album fotografico che scandisce i diversi momenti degli attori sul set e a riflettori spenti, con le preziose immagini dei copioni, dei dischi e dei tanti memorabilia tratti dalla collezione più grande al mondo dedicata a Happy Days, quella di Giuseppe Ganelli, uno dei due autori del libro. Chiuse la nostra traversata nel mondo di Richie e Fonzie un capitolo nel quale personaggi del mondo della cultura, della musica e dello spettacolo – da Enzo Iacchetti a Max Pezzali, passando da Simona Ventura e Fabio Fazio – raccontano il proprio rapporto con Happy Days.

Un rapporto in cui la nostalgia è sempre accompagnata dal ricordo di quanto divertenti e pieni di vita e di idee erano quei “giorni felici” televisivi. Se non ci credete, andate a scoprirne qualche clip su YouTube.

© Riproduzione riservata