Una antichissima leggenda cinese narra di un Genio benevolo che vegliava sulle campagne e i suoi abitanti. Impotente di fronte all’ennesima terribile carestia e non riuscendo a portare aiuto al suo popolo, il buon Genio cadde in una disperazione così cupa da strapparsi i denti per poi gettarli al vento. I denti, però, finirono in una palude e come semi germogliarono in tante piantine verdi che diedero come frutto migliaia di chicchi di colore bianco avorio. Da quel giorno i poveri contadini delle campagne cinesi poterono contare sul riso e sfuggirono alla fame.

In Asia le leggende come queste, che tramandano il riso come un dono divino, sono molte, testimonianza della centralità di questo cereale nelle civiltà orientali. Questo cereale “spuntato” circa dieci millenni orsono nelle pianure bagnate dai grandi fiumi cinesi e indiani ha avuto e continua ad avere in Oriente il ruolo fondamentale svolto alle nostre longitudini dal frumento, poi dal mais e dalla patata. Un cibo pressoché insostituibile, avvolto da un alone sacrale di alimento sulla cui coltivazione vegliava direttamente l’imperatore nell’antica Cina e ancora oggi seminato secondo le indicazioni dei “sacerdoti del riso” in alcune zone dell’Indonesia. Un buon raccolto, infatti, era ed è tutt’ora garanzia di sopravvivenza e di benessere per intere popolazioni, tanto che un antico detto cinese proclama “mangia il tuo riso, al resto ci penserà il cielo”.

In Europa il riso ha conquistato sempre più spazio a partire dal Cinquecento e secondo molti esperti ancora di più ne conquisterà un po’ in tutto il mondo: per le sue doti di adattabilità ad ambienti anche sfavorevoli all’agricoltura come le paludi e per la sua resa per ettaro superiore a quella del mais e della patata, nuove coltivazioni nasceranno nei prossimi anni in Africa, contribuendo così a risolvere i problemi alimentari di un continente in perenne crisi di sussistenza. Già oggi il riso garantisce il 27% del fabbisogno energetico e il 20% del fabbisogno proteico delle popolazioni dei Paesi più poveri. Se le previsioni saranno confermate il chicco nato dai denti del Genio cinese continuerà probabilmente a fare miracoli.

La copertina del libro

Il “se” però è d’obbligo perché il riso non è solo alimento essenziale, ma anche una merce strategica, ancora di più ultimamente con il rincaro del grano seguito alla guerra in Ucraina. Come merce strategica deve sottostare a regole di mercato e di potere che troppo spesso ci sfuggono.

Per capirne di più una lettura fondamentale è il saggio La moneta bianca (il Saggiatore, 2025, pp. 240) scritto da Francesca Grazioli esperta di cambiamento climatico e sicurezza alimentare in diverse regioni del mondo. Dalle origini della civiltà cinese alle risaie del Nord Italia, dal Giappone feudale all’illusione dei moderni programmi di sussistenza in India e nelle Filippine, dai cartelloni pubblicitari in Senegal alle nostre tavole, La moneta bianca racconta prima di tutto la storia globale del riso. Quindi ci offre un viaggio tra continenti, epoche e sistemi economici, in cui il riso diventa la chiave per comprendere le trasformazioni del mondo moderno.

Francesca Grazioli segue il filo di questa coltivazione millenaria addentrandosi nei villaggi rurali del Bengala, nelle coste del Senegal da cui partivano gli schiavi impiegati nelle colture americane, nelle campagne italiane dove la monocultura ha modellato il paesaggio e le relazioni sociali. A partire dal Cinquecento e Seicento il riso cominciò, infatti, a comparire più spesso sulle tavole italiane come alternativa, per i poveri, alla polenta, al pane, alla patata anche se le coltivazioni avevano l’inconveniente non da poco di avvenire in acque stagnanti, ambienti malsani e dove la malaria prosperava. Ergo, i poveri mangiavano meglio, ma si ammalavano di più. La situazione migliorò nell’Ottocento quando vennero realizzate risicolture dove l’acqua veniva fatta fluire costantemente, così da non creare paludosi miasmi. Infine, l’apertura del Canale di Suez nel 1869, unita alla diffusione delle navi a vapore, facilitò l’arrivo di grandi quantità di riso dall’Asia e fece di questo bianco cereale un’ospite immancabile sulle tavole europee, l’alternativa principale al frumento.

Proseguendo nel suo racconto Grazioli narra poi l’impatto della Rivoluzione verde del secondo Novecento sulle economie locali, le promesse della biotecnologia, le disuguaglianze prodotte dal mercato globale. Il riso, da strumento di autosussistenza, si è così trasformato in oggetto di controllo, vettore di potere, leva per riorganizzare territori, corpi e comunità. La moneta bianca si rivela così un racconto documentato e appassionante che attraversa economie, migrazioni e sistemi di produzione. Al centro, le figure delle lavoratrici del riso – braccianti, contadine, raccoglitrici – che per secoli, ovunque nel mondo, hanno sostenuto l’economia di questo cereale nell’invisibilità: sottopagate, marginalizzate nei processi decisionali ma centrali nella sopravvivenza quotidiana.

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