Gabriele D’Annunzio (1863-1938) è stato il protagonista assoluto del panorama culturale italiano a cavallo tra Ottocento e Novecento. Artista capace di suscitare grandi consensi o radicali antipatie, seppe far parlare di sé come nessun altro in Italia, così da alimentare il mito di un’esistenza vissuta, e offerta al pubblico, come opera d’arte.

D’Annunzio, infatti, in un’Italia che si stava aprendo alla modernità – tra industrie, città rivoluzionate in pochi anni da elettricità, tram, insegne luminose – fu il primo nel nostro Paese a scoprire la cultura di massa e a farsene interprete.

Lo scrittore per prima cosa trasformò i lettori-consumatori dei periodici mondani, cui collaborò per molti anni come giornalista, nei lettori dei propri libri. Quindi fece diventare oggetto di attenzione pubblica ogni momento e aspetto della sua vita. Per questa ragione le sue avventure sentimentali, le sue posizioni politiche, le sue gesta militari, persino il suo abbigliamento, formarono un tutt’uno con la sua opera, e furono costante oggetto di attenzione da parte dei giornali. Insomma, più di un secolo fa D’Annunzio era un vero e proprio divo, che i giovani tentavano in ogni modo di imitare anche se la sua vita era in fondo inimitabile come testimonia “D’Annunzio” (Rizzoli, 2023, pp. 300, anche e-book), la biografia che Giordano Bruno Guerri ha dedicato al Vate dell’Italia a cavallo tra XIX e XX secolo.

Guerri, presidente della Fondazione “Il Vittoriale degli Italiani”, nel suo libro si focalizza sugli anni più intensi e creativi della vita di D’Annunzio. Ci racconta così un D’Annunzio giovane studente ribelle, poeta, romanziere. D’Annunzio libertino, amante, marito e padre. D’Annunzio soldato, guerriero, rivoluzionario. D’Annunzio politico, avventuriero, influencer ante litteram nell’Italia di più di un secolo fa.

La copertina del libro

Il risultato è un’avvincente quanto inusuale racconto dell’esistenza del poeta, in cui Guerri - attraverso un apparato di immagini inedite, autografi, cimeli - riesce a tratteggiare con precisione un ritratto sentimentale che conquista, convince. Ritratto sentimentale perché, per usare le parole dello stesso Giordano Bruno Guerri, l’autore veste qui i panni della “vedova” del Vate: «Tecnicamente lo sono, come le mogli che – defunti i mariti scrittori – si sforzano di mantenerne vive memoria e opere. Ma se di solito le vedove sono tristi, io sono una vedova allegra, ho anche altre passioni. E poi, ora che lo conosco bene, posso scherzare con lui, giocarci, non cadere nelle trappole di cui ha disseminato la propria vita per depistare contemporanei e posteri, godendone». E allo stesso tempo tentando, per usare ancora le parole di Guerri, «nell’impresa di liberare d’Annunzio da pregiudizi che sembravano inestirpabili».

A nostro parere, il libro dimostra che l’impresa è compiuta.

  

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