Arriva settembre e giunge anche a maturazione la frutta che ci farà compagnia durante la stagione invernale. Si avvicina, infatti, il tempo dell’uva, delle mele e delle pere, frutto quest’ultimo che sta conoscendo ultimamente in gastronomia una bella popolarità perché bene si accoppia con il cioccolato, tanto di moda in questo scorcio di millennio.

Però le pere sono da secoli protagoniste di un altro "proverbiale" accostamento, celebrato in tutta Europa in centinaia di ricette e anche in molti proverbi: quello con il formaggio. Varia il tipo di latticino oppure se le pere son cotte o crude ma siamo di fronte quasi un luogo comune a livello culinario con tanto di proverbio a far da corollario: "Al contadino non far sapere quant’è buono il formaggio con le pere".

UNA LUNGA STORIA - L’accostamento, però, non è così immediato come fa pensare il detto e che nasconde una storia antica, tutta da raccontare come testimonia anche il bel libro dello storico dell’alimentazione Massimo Montanari intitolato appunto "Il formaggio con le pere" (Laterza, 2008). Il documento più antico che testimonia un loro incontro è un motto in francese antico del XIII secolo: "Oncques Deus ne fist tel mariage / Comme de porre et de fromage", cioè "Dio non ha mai fatto un matrimonio tanto riuscito come quello tra la pera e il formaggio".

Il loro incontro veniva considerato un atto divino e non certo a caso dato che avvenne per ragioni che avevano poco a che fare con la gastronomia e molto invece con la cultura e la società del passato, quando esistevano precise gerarchie ruoli che determinavano in maniera fissa e immutabile la vita delle persone, e persino quello che esse mangiavano.

CIBI PER RICCHI E PER POVERI... E LA QUARESIMA - Per secoli il formaggio è stato il cibo dei poveri e dei contadini, dei rustici e dei bifolchi. Un cibo rozzo, inadatto ai palati raffinati dei ricchi. Era così per i Romani, lo era ancora di più nella società medievale, rigidamente piramidale. Diversa era la considerazione per la frutta fresca, e in particolare per la pera, alimento facilmente deperibile e impossibile da conservare a lungo per far fronte alle carestie. Il destino delle pere erano le mense dei signori, che si potevano permettere il gusto dell’effimero.

Mense dei nobili e cene dei contadini. Due mondi lontani e impossibili da far incontrare. Se non che nel Medioevo molto diffuse erano le comunità di monaci, i quali avevano bandito, per voto di povertà, la carne dalle loro mense.

I monaci dell’epoca, però, erano però tutti di famiglie nobili e quindi abituati a mangiare bene. Sostituirono la carne con pesce, uova e anche formaggio. Che divenne sempre più raffinato e non lasciato più solo alla lavorazione dei contadini, ma prodotto nei monasteri. Allo stesso tempo, in tutta la società cristiana si diffuse l’idea del mangiare "di magro", durante, per esempio i venerdì di Quaresima che precedono la Pasqua. Il "magro", e oggi può far sorridere, era spesso il formaggio.

IL FORMAGGIO DIVENTA NOBILE - Quatto quatto ecco il secondo membro dell’accoppiata giungere anche sulle mense dei nobili. Rimane però da capire perché vennero accostati. Una spiegazione ce la offre Massimo Montanari proprio nel suo saggio citato all’inizio: "L’accostamento tra il formaggio e le pere fu probabilmente sperimentato in modo fortuito, grazie, ritengo, all’occasionale convivenza dei due protagonisti nel medesimo spazio conviviale: entrambi infatti furono collocati di preferenza nella fase finale del pasto, per motivi legati sia a questioni di gusto, sia alle ragioni della scienza dietetica, che nel Medioevo orientava le scelte alimentari e gastronomiche in base ai principi della medicina galenica".

Galeno era stato il più grande medico dell’antica Roma e aveva sancito come abbinare gli alimenti e l’ordine in cui servire i piatti. Per primi i cibi che aprivano lo stomaco così da accogliere meglio il resto del pasto, e per quelli che avessero delle virtù "sigillatorie", così da chiudere lo stomaco e facilitare la digestione.

Il Platina, umanista e grande gastronomo del quattrocento affermava l’opportunità di mangiare formaggio alla fine del pasto "perché sigilla la bocca dello stomaco e toglie la nausea provocata dai cibi grassi". Anche le pere andavano in fondo al pasto, perché si credeva avessero la proprietà di sciogliere il cibo e quindi aiutare a loro volta la digestione.

L’abbinamento, da un punto di vista dietetico, era fatto. Pere e formaggi giungevano insieme sulla tavola e qui il gradimento del palato dei commensali fece il resto rendendo il connubio duraturo, anzi proverbiale.

La copertina del libro
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