V olare a Cagliari con cinque euro. Offerte a prezzi stracciati ma solo per i pochi fortunati che hanno fatto in tempo a comprarli prenotando con mesi di anticipo, ben prima dell'ultimo Dpcm. Saldi di fine stagione, verrebbe da dire. Ma questi non sono tempi normali. Anzi, stiamo vivendo un periodo che non ha uguali dall'ultimo dopoguerra. Il traffico aereo è lo specchio di questa fase straordinaria ed emergenziale che tocca tutti i Paesi indistintamente. E noi sardi, per via della nostra insularità, la viviamo in modo ancora più preoccupante.

C i ritroviamo infatti catapultati in un'era pre low cost quando l'aereo costituiva il mezzo più veloce, ma anche il più costoso per superare il Tirreno. Le leggi sulla continuità territoriale hanno sì dato un impulso fondamentale alla limitazione dei prezzi dei biglietti garantendo le tratte principali, ma la vera svolta sono state le compagnie low cost che hanno aperto ai sardi le porte per tutta l'Europa e molte città nazionali escluse dalle agevolazioni. Nello stesso tempo hanno richiamato nell'Isola un flusso imponente di turisti. Ma oggi tutto questo è crollato, il presente vissuto come un incubo, il futuro messo a rischio dalle incertezze dei tempi per vincere la pandemia.

Il settore del trasporto aereo è uno dei più colpiti dal Covid-19, con il taglio o il blocco totale dei voli, migliaia di aerei a terra, un numero impressionante di licenziamenti, il fallimento di numerose compagnie, mentre la maggior parte di quelle che resisteranno all'attuale crisi già pensano a come inventarsi il futuro.

Rispetto agli altri settori colpiti dalla pandemia il trasporto aereo ha subìto un doppio danno. Il primo deriva dalla paura del contagio: nessun'altra attività economica dipende tanto dalle possibilità di viaggiare a stretto contatto con un estraneo, mentre trasporta potenzialmente malati da un continente all'altro. Questa specificità è stata determinante nella prima fase pandemica e ha causato i danni più devastanti, portando allo stop di voli e alla quasi chiusura degli aeroporti. Su questo punto nei mesi scorsi tutti hanno agito per garantire la sicurezza dei passeggeri e del personale. E soluzioni organizzative, sanitarie e tecnologiche sono state trovate sino a consentire la graduale ripresa dei collegamenti.

Ma il danno era fatto e soprattutto non è stato ancora possibile, perché non dipendente dalle compagnie, superare il secondo problema legato alla pandemia: nessuno compra più biglietti. In attesa dei vaccini, siamo in una seconda fase che non si sa quanto durerà in Italia e nel mondo. Ogni Paese si sta muovendo con vari tipi di lockdown, in Italia con i Dpcm del governo che regolano ogni mese la vita quotidiana a partire dagli spostamenti. Quindi si viaggia e si vola solo per lavoro o per motivi eccezionali. C'è un assioma - rileva un'inchiesta di “Internazionale” - nel settore dell'aviazione commerciale secondo il quale i viaggi aerei sono legati al Pil nazionale: quando le persone hanno maggiore disponibilità di denaro tendono a volare di più. Va di conseguenza che in un contesto economico difficile come quello attuale ben pochi si possono permettere di comprare un biglietto.

In passato è successo che le compagnie fossero danneggiate da uno di questi due fattori. Durante l'epidemia di Sars (2003) volare era rischioso per la salute, ma l'economia globale non era in crisi. Nel 2008 avvenne il contrario: il denaro scarseggiava a causa della crisi finanziaria, ma non c'erano preoccupazioni sanitarie. Nei 110 anni di storia dei voli commerciali non è mai accaduto che i problemi sanitari si presentassero contemporaneamente a quelli economici. Fino a quest'anno.

La Iata (l'associazione mondiale delle compagnie) prevede che il numero dei passeggeri tornerà ai livelli di prima del Covid-19 solo nel 2023, ma altri esperti parlano del 2024 o 2025. Resta il fatto che senza passeggeri le compagnie non potranno pagare a breve debiti, leasing, acquisti programmati di aerei a basso consumo energetico, slot e personale. Volare a cinque euro sarà solo un sogno.

CARLO FIGARI
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