Il 2017 è stato, dal punto di vista della politica internazionale, l'anno della Corea del Nord. A tenere banco su tutti i media sono stati i lanci di missili e gli esperimenti nucleari portati avanti dal regime nordcoreano.

A calamitare l'attenzione e a preoccupare un po' tutti è stata poi la conseguente escalation di tensione tra Stati Uniti e il piccolo Paese asiatico, una tensione che per ora ha trovato sfogo, fortunatamente, solo nelle minacce verbali e nei veri e propri insulti che si sono scambiati in questi mesi il presidente americano Trump e il leader della Corea del Nord, il giovane Kim Jong-un. Inutile nascondersi, però, che non sono pochi gli interrogativi che agitano osservatori ed esperti di politica internazionale: fino a dove arriverà la sfida che la Corea del Nord sta lanciando al mondo intero con il suo programma nucleare? Possiamo in qualche modo fidarci di Kim Jong-un, un leader che viene descritto come un giovane inesperto alla guida di una dittatura sanguinaria che sta distruggendo il suo Paese?

A questi interrogativi Loretta Napoleoni, grande esperta delle dinamiche internazionali, risponde nel suo ultimo, attualissimo saggio Kim Jong-un il nemico necessario (Rizzoli, 2018, Euro 19,50, pp. 255. Anche Ebook). E lo fa superando, prima di ogni altra cosa, le nostre informazioni parziali, i nostri preconcetti e quelli diffusi dalla propaganda, per raccontarci come è organizzato il regime nordcoreano, che caratteristiche ha il suo leader e cos'è veramente la Corea del Nord oggi. Un Paese che Loretta Napoleoni definisce "il nemico necessario". Ma perché e soprattutto per chi "necessario"?

Dal 1989 a oggi l'Occidente ha provato a esportare la democrazia e il libero mercato un po' ovunque – spiega l'autrice del libro – La Corea del Nord è l'unico Paese che è sfuggito del tutto a questo processo; non ha aderito in alcun modo, infatti, al processo di globalizzazione. Per questa ragione e perché si tratta di una nazione misteriosa, di cui si sa veramente poco, è stato semplice presentarla come una replica dell'Unione Sovietica stalinista, con a capo un dittatore sanguinario che opprime il suo popolo. Questa immagine della Corea del Nord in fondo conforta noi occidentali, ci è necessaria per non dover ammettere apertamente i nostri errori. Abbiamo cercato di portare la democrazia in Iraq e Afghanistan e vediamo bene quello che è successo. Il libero mercato non è che funzioni poi molto bene. Però c'è sempre chi è molto peggio di noi, cioè la Corea del Nord. Sempre meglio Baghdad, pur con gli attentati terroristici, che Pyongyang, insomma sembrano dire in molti.

La vulgata più diffusa parla della Corea del Nord come l’ultimo regime comunista sopravvissuto uguale a sé stesso alla caduta del muro di Berlino. Ma è veramente così?

Assolutamente no. Certo, durante la Guerra di Corea degli anni Cinquanta del Novecento il Paese ha avuto l'appoggio dell'Unione Sovietica e della Cina contro la Corea del Sud che era sostenuta dagli americani. Oggi però quello nordcoreano è un regime dinastico, più una monarchia assoluta che un sistema comunista. In Corea del Nord la leadership viene trasmessa di padre in figlio e sono in vigore le caste e più la propria casta è vicina alla dinastia al potere più si è importanti. Alla base del consenso e del rispetto di cui gode comunque il regime non vi è poi un credo politico vero e proprio. Vi è una ideologia di tipo politico-religioso che è stata sviluppata dal Kim Il-sung, padre fondatore della Corea del Nord e nonno dell'attuale leader nordcoreano. Le parole chiave di questa ideologia chiamata juche sono l'indipendenza politica e ideologica, l'autosufficienza psicologica ed economica e l'indipendenza militare e un sistema militare autonomo. La strategia di acquisizione di armi nucleari rientra quindi nel perseguimento di questo terzo obbiettivo.

La Corea del Nord, ci sta dicendo, non è un regime comunista. È però un pericolo per il mondo come viene spesso ripetuto?

Dal punto di vista dell'armamento nucleare non vedo perché la Corea del Nord debba essere considerata più pericolosa del Pakistan o dell'India, che già possiedono armi atomiche. Anche queste nazioni sono riuscite a sviluppare i loro armamenti andando contro la volontà della comunità internazionale e violando gli accordi di non proliferazione. Lo hanno fatto perché le armi nucleari sono la massima forma di deterrenza. Quando più paesi ne sono in possesso diventa praticamente impossibile farne uso. Per questo la Corea del Nord ha sviluppato un programma nucleare, così da non esporsi a possibili aggressioni esterne e non fare la fine della Libia o dell'Iraq. Il grande timore è che Kim Jong-un sia un pazzo e spinga il fatidico bottone nucleare alla prima occasione. Però a me il leader nordcoreano è parso tutt'altro che folle negli ultimi mesi. Anzi si è mosso da politico consumato sullo scenario politico internazionale.

In che modo lo ha fatto?

Facendo crescere la tensione nel corso del 2017 in modo che tutto il mondo sapesse che la Corea del Nord è oramai una potenza nucleare e può contare su questo tipo di deterrenza. Raggiunto il suo obbiettivo il regime di Pyongyang ha abbassato i toni, ha mostrato una politica conciliante verso la vicina Corea del Sud. Insomma, il piano era predeterminato, a mio parere.

Intanto però Stati Uniti, ma anche Cina e Russia hanno aumentato la loro presenza militare nell'area coreana. Non corriamo il rischio di un incidente che inneschi una spirale senza ritorno?

È sempre difficile fare previsioni per il futuro però io non credo alla teoria che oggi ci sia più pericolo rispetto a un tempo di un incidente che inneschi un conflitto, soprattutto un conflitto nucleare. La realtà è diversa da un film di fantapolitica o da un'avventura di 007. Ci sono già stati incidenti in passato e sono stati risolti per via diplomatica e oggi mi pare che le due Coree stiano provando a parlarsi per superare lo stato di guerra che esiste tra i due Paesi dal 1953. Manca un trattato di pace tra le due nazioni confinanti e forse siamo alle prime fasi di un lento e difficile processo di pacificazione.

Il leader nordcoreano a suo parere non è poi così inaffidabile come viene presentato. Ma lei si fida di più di Kim Jong-un o di Donald Trump?

Bella domanda (risata, ndr). Diciamo che mi fido di più del sistema americano, che è un sistema democratico e con una catena di controllo di quello che fa il suo presidente, del sistema nordcoreano in cui il leader ha il potere assoluto, compreso quello di schiacciare il bottone nucleare senza che nessuno possa limitare le sue azioni.

Un anno di Trump non le ha fatto perdere fiducia nel sistema americano?

Devo dire che Trump ha fatto più danni a parole che nei fatti. Bush nel suo primo anno aveva creato molti più problemi concreti

"Can che abbaia non morde", potremmo allora dire di Trump?

Appunto, in un certo senso è così.

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