«Uguaglianza e diversità, due facce della stessa medaglia in un Mediterraneo quotidianamente a confronto con realtà vicine e lontane che vivono al di là del mare: un continuo movimento che travolge inevitabilmente anche il linguaggio». Il giocoliere delle parole e ricamatore della semantica, Stefano Bartezzaghi, ospite ieri sera della Mostra del Libro in Sardegna a Macomer, descrive con sottile ironia i fenomeni storici recenti della lingua italiana, offrendo spunti di riflessione sui cambiamenti linguistici. «Uno dei motori da sempre legati al cambiamento - dice - è la mescolanza dei popoli, tra invasioni e migrazioni. Le tracce di tutto questo sono ben visibili nella lingua italiana».

L'AUTORE - Docente di Semiotica dell'enigma alla Iulm (Milano), giornalista, autore di saggi dedicati agli usi e abusi della nostra lingua, Stefano Bartezzaghi (figlio di Piero, autore di cruciverba impervi) collabora col quotidiano La Repubblica, con le rubriche "Lessico e Nuvole", "Lapsus", "Fuori di Testo", e con il settimanale l'Espresso, con la rubrica di critica linguistica "Come dire". Per Bartezzaghi una società in continua evoluzione deve fare i conti con il mutamento, parte naturale dell'esistenza. «L'identità di una società si rispecchia nell'uso e disuso del linguaggio - spiega lo scrittore -. Occorre accettare l'idea che la lingua sia fatta di contaminazioni: molte parole sono importate da altri paesi. Ciò che dobbiamo temere è invece il forte impoverimento dell'italiano e il disuso di sempre più vocaboli». A incidere nel cambiamento della lingua sono anche le innovazioni tecnologiche (new media, sms, chat), le mode linguistiche e gli inglesismi. «È un fenomeno ingovernabile -dice Bartezzaghi-, le lingue si muovono e i nuovi termini si legittimeranno naturalmente». Ma ciò che oggi appare confuso, specie tra le nuove generazioni, è l'uso del linguaggio "formale" e quello "quotidiano". «Se da un lato i social network ci hanno riavvicinato alla scrittura - spiega ancora -, il nuovo modo di esprimersi tende a riportare il parlato nel testo, cercando di riprodurre l'emotività orale (da qui l'uso degli emoticon). Proprio in tale passaggio si perdono tante forme linguistiche e si dimenticano le norme grammaticali».

SCUOLA - A chi spetta allora il compito di sorvegliare la lingua "parlata pubblicamente"? «Ognuno di noi dovrebbe curare di più il proprio lessico, anche attraverso la lettura, sempre più trascurata - precisa - e prestare maggior attenzione alla comprensione del testo e all'estensione dei propri registri espressivi». Anche la scuola gioca un ruolo importante. «La scuola deve trasmettere un'attenzione per la lingua e insegnare i diversi registri linguistici (formale e informale), a seconda delle occasioni e degli interlocutori. Gli studenti spesso hanno difficoltà a capire le differenze e ad applicare i diversi usi della lingua».

LA MOSTRA - Prosegue oggi il fitto programma nei padiglioni delle ex Caserme Mura. Si parte alle 10 con il "Culto degli antichi nell'età del bronzo della Sardegna" di Caterina Bittichesu e Isabelle Paschina. Alle 11 lo spettacolo dei burattini con Fabio Pisu, alle 11,30 "Idee di Sardegna" con Gianfranco Congiu e Carlo Pala. Alle 16 lo spettacolo teatrale della compagnia Is Mascareddas e alle 17 "Shardana e Sardegna" con Giulio Paulis, Raimondo Zucca e Giovanni Ugas. Alle 18.30 appuntamento con Giampiero Farru e le associazioni di volontariato locali e alle 19.30 Vito Biolchini e Alessandro Cadoni. Alle 20.30 "Identità e fenomeni migratori" con Giuseppe Meloni, Adriano Favole, Giovanna Grillo e Marco Zurru.

Alessandra Nachira
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