Condannare Massimo Bossetti all'ergastolo e all'isolamento diurno per sei mesi. È questa la pena chiesta dal pm di Bergamo Letizia Ruggeri a conclusione della requisitoria, cominciata venerdì scorso, al processo che vede sul banco degli imputati il carpentiere accusato di aver ucciso la 13enne Yara Gambirasio.

Le prove? Oltre al Dna, che è la "prova regina", ci sono anche altri elementi che "si uniscono come corollari alla prova regina e vanno letti contestualmente".

Gli altri elementi ai quali il magistrato si riferisce sono i dati delle celle telefoniche e le immagini catturate da tre telecamere.

LE CELLE TELEFONICHE - Nel corso dell'udienza, che si è celebrata a porte chiuse, è stato ricordato come il cellulare di Bossetti, il giorno della scomparsa di Yara, ossia il 26 novembre 2010, agganci alle 17.45 la cella di Mapello, la stessa cella alla quale alle 18.49 si aggancerà il telefonino della ragazzina. Quindi, secondo il pm, ci sono "64 minuti di differenza, il senso del ragionamento è che Bossetti si trovava in una zona non così distante per effettuare quell'incontro fatale con la vittima che esce dalla palestra dopo le 18.42".

LE TELECAMERE - Secondo l'accusa sono le immagini di un distributore di benzina, di una banca (entrambe vicino alla palestra di Brembate dove Yara è stata vista per l'ultima volta), e di un'azienda vicina al luogo del ritrovamento del cadavere (Chignolo d'Isola) a "inchiodare" Bossetti, perché hanno "un alto grado di compatibilità con il passaggio del furgone" del carpentiere.

I vestiti indossati da Yara: GUARDA LA FOTOGALLERY
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