Il Dna ritrovato sugli indumenti di Yara Gambirasio "non porta a un pastore sardo, a un cercatore di tartufi piemontese o, peggio ancora, a un immigrato, ma a un muratore bergamasco. Non sapevamo chi fosse, non era un sospettato, il suo Dna non era mai stato raccolto e ciò sgombra il campo dall'idea di voler trovare a tutti i costi un colpevole".

Sono le parole del pm di Bergamo Letizia Ruggeri nel corso del suo intervento oggi in aula al processo che vede imputato Massimo Bossetti, accusato di aver ucciso la 13enne di Brembate subito dopo la sua scomparsa, avvenuta il 26 novembre 2010.

LA QUESTIONE DEL DNA - In merito al Dna nucleare sul cadavere della ragazzina non vi è alcun dubbio che appartenga al carpentiere, e questa sarebbe la prova schiacciante che ha tenuto in carcere finora l'imputato.

L'unico Dna che ha valore forense, dice il pm, è quello nucleare e il fatto che nella traccia analizzata non sia stato trovato il Dna mitocondriale di Bossetti "non "non vuol dire che non ci sia. L'unico Dna che ha capacità identificative è quello nucleare, non è consigliabile fare la comparazione di quello mitocondriale in una traccia mista".

LA MORTE DI YARA - Una morte seguita a una lenta agonia.

Questa è stata la fine di Yara Gambirasio secondo il pm Letizia Ruggeri, che ha ricostruito i momenti dell'aggressione in base alle risultanze dell'autopsia: dal cadavere emerge "uno stress agonico prolungato in un contesto di ipotermia. Non è stato un arresto cardiaco immediato, c'è stata un'agonia che non possiamo misurare, il cessare lento della funzione cardiaca".

Sarebbero quindi più elementi la causa della morte: le lesioni inflitte con un'arma non identificata e la concausa dell'ipotermia; del resto, ricorda Ruggeri, quando la ragazzina è scomparsa era il 26 novembre 2010.

Yara, dice il pm, "era al buio, da sola, avrà provato dolore e paura", in un luogo, il campo di Chignolo d'Isola, "freddo e sconosciuto"; la 13enne inoltre sarebbe morta poche ore dopo la scomparsa: il terriccio trovato sotto le sue scarpe, l'erba che stringeva nella mano destra e che avvolgeva la caviglia sono elementi che, per la Ruggeri, "riconducono a quel campo. La lettura più logica è che la morta sia avvenuta qui".

Per quanto riguarda l'orario, sarebbe molto vicino a quello dell'uscita dalla palestra: "Ci si può allungare fino alle prime ore del mattino ma non si può andare oltre".

"YARA NON SI TROVA" - Come primo punto della sua esposizione, il pm ha ricostruito proprio il giorno in cui Yara è sparita: "All'inizio dell'indagine - ha ricordato - ci siamo spaccati la testa, non sapevamo se si trattava di un omicidio, di un allontanamento volontario, di un rapimento o di uno scambio di persona".

La giovane conduceva una vita normale, senza grandi problemi, andava bene a scuola e andava d'accordo con i suoi coetanei; si confidava con la sorella e con la mamma, "non si ha motivo di pensare che nascondesse qualche segreto", ha aggiunto Ruggeri.

Al termine della sua requisitoria, il pm Ruggeri chiederà con tutta probabilità che Bossetti venga condannato all'ergastolo; sull'imputato pendono anche le aggravanti di aver adoperato sevizie e di aver agito con crudeltà.

La prossima udienza è prevista per il 18 maggio.
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