La guerra civile dura da nove anni. E mette in ginocchio le popolazioni civili dello Yemen, ostaggio di un conflitto che va ben oltre i confini dello stato asiatico e ha pesanti implicazioni sullo scacchiere internazionale. “Oltre 21 milioni di persone, più di due terzi della popolazione, hanno disperato bisogno di cibo, acqua e assistenza salvavita. L’escalation rappresenta un disastro per la popolazione civile”. La denuncia è di Save The Children, che insieme ad altre 25 organizzazioni umanitarie che operano nello Yemen, esprime grave preoccupazione per l’impatto umanitario della recente escalation militare nel Mar Rosso.

“La crisi umanitaria nel Paese – osserva Save The Children - rimane una delle più gravi al mondo e l’escalation non farà altro che peggiorare la situazione dei civili vulnerabili e ostacolare la capacità delle organizzazioni umanitarie di fornire servizi essenziali”.

La feroce contrapposizione tra gli Houthi, il gruppo filo iraniano che ha assunto il controllo del paese, e le forze governative sostenute dall’Arabia Saudita, bagna di sangue il Mar Rosso diventato di massima insicurezza. Gli attacchi dei ribelli yemeniti a navi americane hanno suscitato la codanna delle Nazioni Unite e scatenato la dura reazione di Washington e Londra, che hanno colpito obiettivi militari nella penisola arabica. L’escalation è temuta, la soluzione della crisi impraticabile a meno che non si mettano in moto i canali diplomatici auspicati dalle 26 organizzazioni firmatarie dell’appello che esortano le parti in conflitto a sostituirli “alle opzioni militari per allentare la crisi e salvaguardare il progresso degli sforzi di pace nello Yemen. I civili e le infrastrutture civili devono essere protetti e deve essere garantita l’erogazione sicura e senza ostacoli dell’assistenza umanitaria. Nel contesto regionale più ampio, si ribadisce anche l’appello per un cessate il fuoco immediato e prolungato a Gaza per salvare vite umane ed evitare ulteriore instabilità in tutta la regione”.

La zona del conflitto (Ansa)
La zona del conflitto (Ansa)
La zona del conflitto (Ansa)

Nel Mar Rosso la posta in gioco è altissima anche sotto il profilo economico. Così come fondamentale è il controllo del choke point di Bab el-Mandeb, vista la sua posizione strategica tra il Mar Rosso e l’Oceano Indiano, su una delle rotte marittime più importanti del mondo. “L’impatto della minaccia alla sicurezza nel Mar Rosso – osserva Save The Children - è già avvertito dagli operatori umanitari poiché l’interruzione degli scambi commerciali sta facendo aumentare i prezzi e causando ritardi nelle spedizioni di beni salvavita. Inoltre, a seguito degli attacchi statunitensi e britannici del 12 e 13 gennaio scorsi, alcune organizzazioni umanitarie sono state costrette a sospendere le operazioni per motivi di sicurezza, mentre altre valutano la propria capacità di operare”.

Una nave mercantile nel Mar Rosso (Ansa)
Una nave mercantile nel Mar Rosso (Ansa)

Una nave mercantile nel Mar Rosso (Ansa)

Di certo l’offensiva americana e britannica nel Mar Rosso contro le basi Houthi non ha contribuito a rasserenare il clima. Casomai ha suscitato la durissima reazione dell’Iran. "L'aggressione degli Stati Uniti e del Regno Unito contro lo Yemen può provocare un'escalation d tensioni nella regione dell'Asia occidentale", si è affrettato a dichiarare con i toni minacciosi tipici del regime di Teheran il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian parlando al telefono con il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Il diplomatico iraniano ha inoltre definito "illegali" e "un errore strategico" gli attacchi contro gli Houthi, che hanno avuto luogo in risposta agli attentati compiuti dal gruppo alle navi commerciali nel Mar Rosso. Amirabdollahian ha sottolineato che le azioni degli Houthi yemeniti mirano a "porre fine ai crimini e al genocidio di Israele a Gaza". Secondo la Tv di Stato, Guterres, da parte sua, ha invitato l'Iran a contribuire al rafforzamento della pace e della stabilità nella regione. Non ha tardato a sostenere la causa Houthi il ministro degli Esteri russo Lavrov, secondo il quale americani e inglesi farebbero bene a porre fine ai raid nello Yemen. 

La ipotizzata ulteriore escalation avrebbe nuovi pesanti effetti soprattutto sui civili yemeniti perché “potrebbe costringere più organizzazioni – è il timore di save The Children - a interrompere le proprie operazioni nelle aree in cui sono in corso ostilità. Gli impatti sulle infrastrutture vitali, compresi i porti strategici, avrebbero importanti implicazioni per l’ingresso di beni essenziali in un Paese fortemente dipendente dalle importazioni. La scarsità e l’aumento dei costi dei beni di prima necessità, come cibo e carburante, non faranno altro che esacerbare la già terribile crisi economica, aumentare la dipendenza dagli aiuti e i rischi di protezione. Tutti gli attori hanno l’obbligo legale di garantire un’assistenza umanitaria sicura e senza ostacoli in modo che le persone bisognose possano accedere ai servizi salvavita”.

La sicurezza sul Mar Rosso sarà tra i temi prioritari del G7 a presidenza italiana, e proprio Roma spinge insieme ai partner europei per creare una nuova missione navale da schierare a protezione dei cargo. “Insieme con Parigi e Berlino – ha detto nei giorni scorsi il ministro degli Esteri Antonio Tajani – stiamo formalizzando una proposta da presentare" agli altri Stati membri, e l'obiettivo è un "via libera politico" già lunedì prossimo, al Consiglio Esteri in programma a Bruxelles. "Per rendere operativa la missione il prima possibile", ha concluso il ministro. 

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