I penitenziari scoppiano, in carcere i detenuti si uccidono e le aggressioni al personale della polizia penitenziaria, anche in Sardegna, sono più o meno all’ordine del giorno. Molte prigioni italiane si rivelano autentiche polveriere e all’orizzonte non si vedono soluzioni per uscire dal tunnel di un’emergenza senza fine. L’ultimo rapporto di Antigone, associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale nata alla fine degli anni ottanta, è denso di numeri e riflessioni che fanno rabbrividire.

Al 31 marzo di quest’anno le carceri ospitavano diecimila detenuti in più di quelli che in realtà possono accogliere. Erano 61.049 le persone recluse, a fronte di una capienza ufficiale di 51.178 posti. Le donne erano 2.619, il 4,3% dei presenti, e gli stranieri 19.108, il 31,3%. Ciò che accadde nel corso del 2020 – ovvero settemila reclusi in meno, calo in gran parte dovuto all’emergenza pandemia – si è rivelato un caso eccezionale. Le presenze nelle carceri italiane hanno ripreso a crescere. “Prima lentamente – si legge nel rapporto di Antigone - con un aumento di 770 unità nel 2021, a cui però è poi seguita una crescita di 2.062 nel 2022 e addirittura di 3.970 nel 2023. Nell’ultimo anno dunque la crescita delle presenze è stata in media di 331 unità al mese, un tasso allarmante, che se dovesse venire confermato anche nel 2024 ci porterebbe oltre le 65.000 presenze entro la fine dell’anno”.

La situazione peggiora col tempo “Tanto per fare un confronto”, riflette Antigone, “si tenga presente che il Consiglio d’Europa ha chiuso la procedura di esecuzione della ormai famosa sentenza Torreggiani contro l’Italia, accogliendo con favore gli interventi realizzati dalle autorità italiane, il 9 marzo 2016. A fine febbraio 2016 erano presenti nelle carceri italiane 49.504 detenuti in 52.846 posti. Come detto sopra, a fine marzo 2024 i detenuti erano 61.049 in 51.178 posti. Crescono dunque le presenze e quindi cresce anche il tasso di affollamento ufficiale, che raggiunge a livello nazionale il 119,3%”.

La maglia nera del sovraffollamento spetta alla Puglia (152,1%), seguita da Lombardia (143,9%) e Veneto (134,4%). Crescono le presenze in Friuli-Venezia Giulia (+14,9% nell’ultimo anno) e in Basilicata (+16,4%). Il sovraffollamento non è dunque un dramma solo delle carceri che sorgono nelle aree metropolitane ma si diffonde ovunque.

La Sardegna, a leggere i dati diffusi da Antigone, sembrerebbe non essere tra le regioni più esposte, visto che nelle carceri dell’Isola ci sono attualmente 2.135 detenuti a fronte di una capienza di 2.614, con un tasso di affollamento ufficiale del 81,7 per cento. Ma le recenti vicende accadute in diversi penitenziari inducono ovviamente a non abbassare la guardia. Antigone lo scorso anno aveva puntato i riflettori proprio sui penitenziari e sulle colonie penali sarde. Il presidente Patrizio Gonnella e la coordinatrice Susanna Marietti le avevano visitate tutte. “La Sardegna – avevano concluso – sconta il suo essere isola. Nelle carceri della regione non ci vogliono andare i direttori, sono pochi i sottufficiali di polizia penitenziaria, scarseggiano gli educatori”.

Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione Antigone (foto Antigone)
Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione Antigone (foto Antigone)
Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione Antigone (foto Facebook/Acat Italia)

In Sardegna, secondo Gonnella e Marietti, l’isolamento carcerario vale triplo e costituisce “una delle parole chiave nella vita carceraria sarda. Era il 2014 – ricordano i dirigenti di Antigone – quando furono inaugurate alcune nuove carceri, tra cui Cagliari e Tempio Pausania. Fu deciso di ubicarle lontano dai centri storici e dagli abitati. Per chi ama la natura è affascinante ammirare i fenicotteri che circondano il carcere cagliaritano di Uta o perdere lo sguardo tra le colline di Nuchis vicino a Tempio. Ma la lontananza dalle città produce desertificazione sociale. Rende complesso costruire ponti tra dentro e fuori, immergere il carcere in un tessuto relazionale che possa dare qualche significato al periodo detentivo. Si sconta così un doppio isolamento: quello isolano e quello della pianificazione urbana. Ce n’è poi un terzo, quello classico usato da sempre nelle galere. Un isolamento tragico”.

Il carcere di Uta (archivio L'Unione Sarda)
Il carcere di Uta (archivio L'Unione Sarda)
Il carcere di Uta (archivio L'Unione Sarda)

Come tragiche sono le vicende che sfociano in suicidi dietro le sbarre. “Dopo il 2022, l’anno da record con 85 suicidi accertati – rileva in un suo saggio Sofia Antonelli, dell’ufficio del Difensore civico di Antigone - il 2023 e il 2024 continuano a registrare numeri impressionanti. Nel 2023 sono state almeno 701 le persone che si sono tolte la vita all’interno di un Istituto di pena. Nei primi mesi del 2024, almeno 30. “Almeno” perché numerosi sono i decessi con cause ancora da accertare, tra i quali potrebbero quindi celarsi altri casi di suicido. Seppur in calo rispetto all’anno precedente, i 70 suicidi del 2023 rappresentano un numero elevato rispetto al passato. Il più elevato dopo quello del 2022. Guardando agli ultimi trent’anni, solo una volta si è andati vicini a questa cifra con 69 suicidi nel 2001”.

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