Vi ricordate le coltivazioni Ogm? Gli organismi geneticamente modificati erano entrati nelle nostre tavole tra tempeste di polemiche placate soltanto in parte da chi assicurava che sarebbero stati innocui per la salute umana e persino l’arma finale contro la fame nel mondo. I pomodori dal dna alterato in laboratorio, per esempio, sarebbero stati infatti capaci di prosperare anche nelle aride campagne africane, così come il mais e altri cereali.

Sono passati decenni da quella svolta epocale, eppure di fame nel mondo ce n’è ancora tanta. Anzi, l’appetito del pianeta è destinato a crescere visto che la sua popolazione è ormai diretta verso quota 8 miliardi e nei prossimi anni i cambiamenti climatici potrebbero contemporaneamente decimare i raccolti.

Futuro incerto

Ecco perché, dopo la contestatissima carne in laboratorio, gli scienziati stanno pensando a una più sostenibile coltivazione di cellule vegetali come base per alimenti nutrienti e saporiti e a basso impatto ambientale.

Sul tema l’Italia è in prima fila, manco a dirlo con l’Enea, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, al lavoro su alimenti capaci di sostenere i cambiamenti climatici che minacciano suolo, salute, qualità e produttività delle piante e, quindi, la sicurezza alimentare.

«Si tratta della cosiddetta “agricoltura cellulare”, cioè della produzione - a partire da vegetali di interesse agronomico - di alimenti con un’ampia varietà di molecole utili alla salute, senza erosione di suolo e perdita di biodiversità», spiegano gli esperti. «Come sottolineato al World Economic Forum, entro il 2050, a fronte di un aumento della domanda globale di cibo del 50%, i cambiamenti climatici potrebbero causare la riduzione dei raccolti fino al 30% e sarà fondamentale individuare sistemi produttivi alternativi».

Tecnologia

I ricercatori assicurano: «Coltivate in ambienti controllati, le cellule vegetali possono rappresentare una biomassa alimentare innovativa e di qualità, basata su modelli produttivi che consentono di superare i problemi legati al crollo di produttività di alcune colture ma anche di limitare lo sfruttamento delle risorse naturali, come terra e acqua, riducendo gli scarti di produzione e il ricorso a prodotti fitosanitari, in coerenza con le raccomandazioni del Green Deal Europeo per il 2030».

Questi alimenti vengono prodotti con una tecnologia consolidata che ha consentito l’estrazione di principi farmaceutici sfruttando l’enorme corredo biochimico naturale delle cellule vegetali.

In altre parole, «a partire da un espianto vegetale di interesse e sfruttando le caratteristiche proprie delle cellule vegetali, si ottiene la moltiplicazione delle stesse in una coltura liquida che può avvenire in bioreattori simili a quelli già usati per il lievito con cui si producono pane e birra».

Consumato “fresco” e non necessariamente trasformato, il nuovo cibo potrebbe essere utile anche nello Spazio, rispondendo all’esigenza di rendere autonomi i futuri equipaggi dagli approvvigionamenti a Terra e aiutarli ad affrontare condizioni extra-terrestri con sistemi di crescita fuori suolo.

Benefici

I vantaggi secondo l’Enea sarebbero molteplici: «Esistono evidenze che tali alimenti possono sviluppare valori nutrizionali, sensoriali e di digeribilità simili, o migliori, delle piante di provenienza. Tra gli altri benefici per il consumatore, l’assunzione di un alimento ricco di molecole benefiche nello stato in cui sono presenti in natura - il cosiddetto fitocomplesso - senza ricorrere ad alimenti added with con rischi per la sicurezza alimentare. Dalle colture cellulari vegetali sarà inoltre possibile ricavare alimenti freschi (ad esempio, in forma di composte e di ingredienti per smoothies), ma, come dimostrato anche da alcuni prestigiosi studi internazionali, esistono evidenze che si possano produrre anche bevande e prodotti lavorati, come la cioccolata».

Per le aziende questo nuovo sistema produttivo consentirebbe di affrancarsi da variazioni climatiche o stagionali e di realizzare produzioni più programmabili e flessibili, standardizzate e continue di materiale vegetale, da integrare con le produzioni agricole di eccellenza dei territori.

«In futuro, sarà sempre più difficile rifornire la popolazione di alimenti derivati da materie prime vegetali in quantità e qualità sufficienti», evidenzia Silvia Massa, ricercatrice del Laboratorio di Biotecnologie dell’Enea. «Anche incrementare la superficie coltivabile non è realistico. Si pone, dunque - aggiunge Massa - un problema rilevante di individuazione di nuovi sistemi di approvvigionamento di materie prime vegetali nell’ottica di un’alimentazione sana e sicura».

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