Case green, rivoluzione al via
La norma europea entra in vigore il 28 maggio, gli Stati membri hanno due anni anni per adeguarsi e raggiungere il traguardo delle “emissioni zero”La nuova direttiva sulle “case green” è stata pubblicata l’8 maggio sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, ed entrerà in vigore il 28 di questo mese. I ventisette Stati membri ora hanno due anni di tempo per adeguarsi alle norme che hanno l’obiettivo di avere un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050.
In questo lasso di tempo i governi dovranno presentare all’Ue un piano nazionale di ristrutturazione, una tabella di marcia per indicare quale sarà il percorso per arrivare al traguardo. A partire dal 2030 tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere costruiti a emissioni zero, mentre per gli edifici pubblici lo standard si applicherà dal 2028. Almeno il 16% degli edifici pubblici con le peggiori prestazioni andrà ristrutturato entro il 2030 e il 26% entro il 2033.
Per le abitazioni si applicherà un obiettivo di riduzione del consumo energetico del 16% dal 2030 e del 20-22% entro il 2035.
Una promozione che richiede interventi come cappotto termico, sostituzione degli infissi, nuove caldaie a condensazione, pannelli solari. L'obbligo di installare i pannelli solari riguarderà i nuovi edifici pubblici e sarà progressivo, dal 2026 al 2030. Dovranno inoltre essere attuate strategie, politiche e misure nazionali per dotare di impianti solari gli edifici residenziali. Ancora, i Paesi avranno tempo fino al 2040 per archiviare definitivamente le caldaie a combustibili fossili, mentre dal 2025 saranno aboliti tutti i sussidi per le caldaie autonome a combustibili fossili. Previsti anche incentivi per incoraggiare il passaggio a sistemi di riscaldamento e raffreddamento alimentati da energie rinnovabili.
I governi potranno esentare gli edifici storici e agricoli, le chiese e i luoghi di culto, gli immobili a uso militare e quelli utilizzati solo temporaneamente, come le case vacanza, se occupate per meno di 4 mesi all’anno. Prevista anche la possibilità di esentare l’edilizia sociale pubblica, qualora i lavori di riqualificazione facciano aumentare gli affitti in modo sproporzionato rispetto al risparmio conseguibile nelle bollette energetiche.
Secondo Confartigianato Edilizia Sardegna, circa 90mila immobili residenziali sardi versano in pessime condizioni, il 17% dell’oltre mezzo milione degli edifici privati presenti sull’Isola. Ed è principalmente su questi che interverrà la Direttiva, «che può rappresentare un’occasione per attivare in modo significativo la rivalutazione e riqualificazione immobiliare e per spingere il settore delle costruzioni soprattutto dopo lo stop al superbonus. Ma a precise condizioni», dice il presidente Giacomo Meloni. «Va bene per esempio lo slittamento al 2040 per lo stop alle caldaie mentre preoccupa lo stop agli incentivi per quelle a gas dal 2025. Saranno necessarie strategie nazionali per dotare di impianti solari anche gli edifici residenziali nuovi e i non residenziali di grande dimensione».
Cna Sardegna parla di possibili investimenti per circa 6,6 miliardi di euro, per un costo medio per intervento di 72mila euro: «È fondamentale – sottolineano Francesco Porcu e Antonello Mascia, segretario e presidente di Cna Costruzioni – prevedere adeguati sostegni finanziari e amministrativi, in particolare per le famiglie vulnerabili, per i territori più fragili e per le abitazioni appartenenti alle classi energeticamente più povere (F e G), così da assicurare una transizione equa e inclusiva verso un futuro energetico sostenibile».
Evidenzia Legambiente che gli edifici in Sardegna sono i responsabili del maggior consumo di risorse energetiche dopo i trasporti. Negli ultimi 10 anni i consumi a loro attribuibili sono stati circa il 38% del totale regionale. Gli edifici più recenti, costruiti in seguito alla data di emanazione delle leggi nazionali sull’efficienza energetica dell’edilizia, sono una minoranza (quelli costruiti in seguito all’emanazione delle direttive europee in materia sono meno del 10%).
A oggi il Superbonus ha permesso di intervenire su circa 16.000 edifici, per un totale di investimenti a carico dello Stato di oltre 2 miliardi e 800 milioni. Sul patrimonio regionale, costituito da circa 500.000 edifici residenziali, di cui 75.000 condominiali e 425.000 tra abitazioni singole e indipendenti, il Superbonus ha impattato per circa il 3% in quasi 4 anni di applicazione. Perciò è possibile stimare a oggi un miglioramento prestazionale delle abitazioni sarde dell’1,5%.
«È necessario un cambio di passo e un cambio di prospettiva: bisogna concentrare gli interventi sugli edifici meno performanti – dice Annalisa Colombu, presidente di Legambiente Sardegna – in cui maggiori sono le possibilità di miglioramento e i complementari incentivi pubblici andranno modulati in funzione del reddito, a differenza di quanto finora fatto. In questo senso intervenire sull’edilizia residenziale pubblica, che coniuga entrambi questi aspetti potrebbe essere sicuramente un primo passo da intraprendere».
«La traiettoria imposta dalla nuova direttiva “case green” – spiega Giorgio Querzoli, responsabile scientifico di Legambiente Sardegna – prevede, entro il 2030, un miglioramento della prestazione energetica del patrimonio residenziale del 16% sul livello del 2020, e poi un ulteriore 20/22% entro il 2035. Perciò il miglioramento dell’1,5% raggiunto con il Superbonus è molto lontano dall’obiettivo che la direttiva ci chiede di raggiungere nel 2030, tra soli 6 anni. Di questo passo rischiamo di veder mancare uno dei contributi fondamentali alla transizione ecologica proprio da parte di una regione che più di altre è vulnerabile ai cambiamenti climatici».