L’unico che non si è mai posto il problema di citarlo è Giorgio Oppi, lo storico leader dell’Udc scomparso meno di due anni fa. Parliamo di quello che chi segue la politica conosce come il manuale Cencelli. Tutti lo utilizzano e c’è un motivo: chiunque si presenti a elezioni democratiche pretende, in modo lecito, di vedere riconosciuto il consenso ottenuto. Così, di volta in volta non è strano assistere a rivendicazioni di ministeri o assessorati più o meno importanti da parte di chi ha contribuito a vincere un appuntamento col voto. E chiunque significa chiunque: destra, sinistra o centro. Ogni volta, l’opposizione di turno parlerà di una maggioranza che pensa solo a spartirsi il potere. In Sardegna è successo quando a vincere fu il centrodestra guidato dal sardista Christian Solinas, e succederà stavolta che a prevalere è stato il Campo largo di Alessandra Todde.

Ma che cos’è il Manuale Cencelli? Wikipedia parla di «un’espressione giornalistica riferita all'assegnazione di ruoli politici e governativi ad esponenti di vari partiti in base al loro peso». E, in generale, «viene spesso utilizzata in senso ironico o dispregiativo per alludere a nomine effettuate in una mera logica di spartizione in assenza di criteri di merito».

Tutto vero. Ad ogni modo, chi dà il nome al famoso manuale è Massimiliano Cencelli, classe 1936, un funzionario della Dc che vent’anni fa svelò in un’intervista la genesi dell’espressione legata al periodo del congresso della Dc nel 1968 e della formazione del futuro governo Leone: «Nel 1967 Sarti, con Cossiga e Taviani fondò al congresso ddi Milano la corrente dei 'pontieri', cosiddetta perché doveva fare da ponte fra maggioranza e sinistra. Ottenemmo il 12% e c'era da decidere gli incarichi in direzione. Allora io proposi: se abbiamo il 12%, come nel consiglio di amministrazione di una società gli incarichi vengono divisi in base alle azioni possedute, lo stesso deve avvenire per gli incarichi di partito e di governo in base alle tessere. Sarti mi disse di lavorarci su. In quel modo Taviani mantenne l’Interno, Gaspari fu sottosegretario alle Poste, Cossiga alla Difesa, Sarti al Turismo e spettacolo. La cosa divenne di pubblico dominio perché durante le crisi di governo, Sarti, che amava scherzare, rispondeva sempre ai giornalisti che volevano anticipazioni: chiedetelo a Cencelli».

Il tema è attuale in questi giorni di trattative per la formazione della Giunta Todde. Il metodo, riadattato per la politica sarda, è questo: per ogni tre consiglieri scatta un posto in Giunta. Gli assessorati da assegnare sono dodici, in genere divisi in due o tre fasce. Chiaramente, le sigle più forti inseguono le caselle più importanti. In prima fascia c’è la Sanità, ovvero l’assessorato che gestisce circa 3,5 miliardi di euro, quasi la metà del Bilancio. A seguire ci sono Bilancio e Programmazione, Lavori pubblici, Urbanistica, Ambiente e Lavoro. La seconda fascia comprende Affari generali e Riforme, il Turismo e la Cultura. In terza fascia: Agricoltura, Trasporti e Industria.

Il Cencelli vero e proprio si riferisce alla spartizione dei posti nel governo nazionale. Stando al manuale, è spiegato bene in un articolo del quotidiano online “Il Post”, «ogni posto di governo aveva un valore, un peso, calcolato dal punto di vista qualitativo e a cui veniva assegnato un certo punteggio: il ministero dell’Interno non aveva insomma lo stesso valore del ministero della Cultura (e a quei tempi pesava parecchio anche il ministero delle Poste e Telecomunicazioni, secondo Cencelli perché «poteva assumere un sacco di persone che poi avrebbero ricompensato con il voto»). I posti di sottosegretario erano ripartiti secondo il principio generale che un ministro “vale” due sottosegretari e mezzo. Era anche previsto un equilibrio nella rappresentanza geografica. Gli incarichi erano assegnati a seconda della percentuale dei voti ottenuti dai partiti, e le correnti interne si spartivano gli incarichi che spettavano al partito in proporzione al numero di iscritti al partito portati dai rispettivi capi corrente e dai risultati congressuali».
Tutti questi criteri valgono ancora.

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