I bimbi del dopoguerra ben conoscevano le virtù miracolose del caro buon vecchio minestrone. Con qualche litro d’acqua addizionale poteva compensare i vistosi vuoti della cambusa e in qualche modo rintuzzare la fame di grandi e piccini. Quel minestrone che oggi legioni di scienziati da tutto il mondo vengono ad assaporare in quanto insignito di una grande responsabilità: essere uno degli ingredienti base dell’elisir di lunga vita. In teoria legumi, patate, formaggio salato (fiscidu), erbe spontanee, in pratica tutto quel che capitava vicino alla pentola, ma soprattutto tocchi di lardo che farebbero impallidire qualsiasi nutrizionista. La dote del maiale di casa, talmente importante che a lui veniva dedicata una minestra ad hoc, cucinata con interessato amore.

Nei siti di cucina oggi il “Melis family minestrone”, dal nome della celebre famiglia di longevi di Perdasdefogu, viene  descritto come “preparato con una grande quantità di verdure provenienti dal proprio orto, tre varietà di legumi e la fregola sarda, un’antica pasta di semola prodotta in Sardegna; il tutto viene generalmente servito con alcuni fogli di pane pistoccu”. Parziali verità e molte menzogne. 

Ovviamente gli ingredienti erano variabile dipendente dal livello di povertà delle famiglie. Spesso la minestra era fatta di acqua, olio e formaggio salato oppure latte. In montagna venivano usate le castagne, ad alto potere calorico.

O mangi questa minestra...

Chi mai dovesse lagnarsi di quanto accade in ogni desco a tutte le latitudini di fronte a un intruglio con verdure in diverse proporzioni dovrebbe far un salto nella vicina Bangkok. Al Wattana Panich, storico ristorante del quartiere Ekkamai c’è una zuppa che bolle, pare nella stessa pentola, da 45 anni. Tempo di cottura: infinito. Si chiama Neua Tune.

Si tratta di una zuppa fatta con diversi tagli di carne, polpette, trippa e frattaglie, oltre ai classici noodle, gli spaghetti di riso, e a una manciata di coriandolo.

In questo caso, da oltre quattro decenni, il brodo viene filtrato e poi riutilizzato per preparare la zuppa che sarà servita il giorno successivo. Non è dato sapere se venga conservato in frigorifero.

Questa base è l’ingrediente cardine, quello che conferisce il gusto alla pietanza. Comunque il concetto di zuppa infinita non è una novità. La tecnica antica dello stufato perpetuo o stufato del cacciatore prevede di lasciare bollire lentamente una pentola di zuppa e aggiungere, via via, nuovi ingredienti senza gettare il brodo, che continua a insaporirsi.

L’autorevole New York Times, in un articolo del 1981, riferiva di una zuppa di manzo realizzata in Francia la cui durata totale era stata di 21 anni. La notte veniva refrigerata e quindi scremata del grasso nella parte superiore per eliminare i batteri che ivi tendono ad accumularsi. La pietanza veniva quindi fatta bollire per venti minuti prima di servirla. Con qualche piccolo accorgimento, verdure e la carne venivano scartate dopo due cicli di cottura, mentre il brodo, spiegava il cuoco di allora, «non si deteriorerà mai».

I francesi, volendo comunque rivendicare l’età da record dei loro pot au feu, riferiscono anche di un brodo vecchio di 300 anni preparato in Normandia e di un altro ultracentenario a Perpignan il cui bollore venne fermato solo dalla seconda guerra mondiale. Sarebbe interessante verificare se la longevità media delle persone sia proporzionale all’età della minestra. In caso contrario occorrerebbe rivedere gli standard di ebollizione.

Anche al Wattana Panich, ormi meta di curiosi da tutto il mondo, sperano di portare la zuppa nel prossimo secolo, senza rivelare tutti i segreti di questa pietanza alchemica. Meglio.

In Sardegna possiamo comunque fregiarci di un ingrediente magico. Su frammentu, un lievito considerato come un piccolo figlio da accudire. E in effetti, il lievito naturale di pasta acida si ottiene dalla fermentazione di acqua e farina ed è considerato un alimento vivo, che è necessario nutrire con costanza e impegno. In tante case della Sardegna si prepara ancora il pane con un lievito vecchio di anni, decenni o forse più. Il lievito può svegliarsi dal suo sonno e regalare nuove dolcezze. Forse è questo e non la minestra uno dei segreti della lunga vita.

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