«Torniamo a riunirci, per dire che nessuna delle nostre richieste è stata evasa, e per proporre nuove forme di lotta», dice Rosalba Piras, portavoce dell’Assemblea di Medici di medicina generale, che ha dato appuntamento ai suoi iscritti il 9 settembre a Tramatza.

La Rete di professionisti dell’Isola, sganciata dai sindacati, è nata di recente. A gennaio di quest’anno, da una chat che comprendeva circa 600 medici di famiglia, ha preso forma il gruppo organizzato, il 4 febbraio si è tenuta la prima riunione, poi il 20 dello stesso mese l’atto costitutivo, e a marzo un’assemblea ufficiale, dalla quale sono scaturiti i cosiddetti “dieci punti di Tramatza”.

Si parte dal fatto che c’è una «significativa carenza di medici di medicina generale che impatta fino a vanificare le aggregazioni funzionali territoriali, se non si reperiscono le necessarie risorse umane per garantire che ci sia il medico di base anche dove è totalmente assente». Serve la fornitura di ricettari per le strutture ospedaliere e ambulatoriali private convenzionate e per i medici che lavorano in intramoenia. La pratica acclarata – spiega il documento di Tramatza – ormai vede i medici di medicina generale eseguire manualmente la funzione di segretaria degli specialisti che si limitano a emettere un verdetto refertato. Serve la dematerializzazione di tutte le prescrizioni farmacologiche (compresi gli psicofarmaci), al fine di non impegnare inutilmente risorse per la stampa e la distribuzione dei ricettari e di un recupero di tempo per il paziente, che non deve recarsi in ambulatorio per la prescrizione.

Riforma del nomenclatore tariffario regionale sulle prescrizioni sia di farmaci che di esami e visite, al fine di poter dematerializzare ogni prescrizione.

Attualmente i pazienti in cronico sono costretti a recarsi sistematicamente dal medico di base per la prescrizione di farmaci che sono costretti ad assumere a vita. Sarebbe opportuno prescriverli uno/due volte all’anno, allo scopo di interrompere le costanti e sistematiche file negli ambulatori.

Le mancate prescrizioni di farmaci, impegnative varie, certificati di malattia e di infortunio da parte di medici ospedalieri e specialisti ambulatoriali di strutture sia pubbliche che convenzionate creano un evidente maggior impiego del tempo del medico di base che viene sottratto alla cura dei pazienti in carico.

Ancora, si chiede l’eliminazione dei certificati di rientro a scuola per i primi tre giorni (sarebbe sufficiente un’autocertificazione). Da qualche tempo i medici sono costretti a impegnarsi in lunghe pratiche amministrative per la prescrizione di ausili e presidi, cosa che tempo fa veniva effettuata dal livello impiegatizio della asl. Si chiede di ritornare al passato.

I piani terapeutici prescritti finora solo dagli specialisti, in quanto figure adeguate a seguire i pazienti durante la cura, devono restare una loro prerogativa.

No alla chiusura delle guardie mediche, che rappresentano la reale continuità assistenziale durante le ore notturne e le giornate festive. Le previste aggregazioni territoriali e altre organizzazioni sanitarie sono valide in teoria, ma in pratica non praticabili per carenza di medici.

L’aumento del massimale oltre i 1500 pazienti non può essere obbligatorio ma su base volontaria.

«Tutti punti che l’assessore alla sanità conosce, e per alcuni si è anche immediatamente attivato», spiega la dottoressa Melis. «Ad esempio, ha chiesto ai direttori generali delle Asl che vengano istituiti gli uffici per seguire le pratiche burocratiche che attualmente svolgiamo noi, ma purtroppo nessun dg finora l’ha fatto. Abbiamo chiesto il perché, ci è stato risposto che non ci sono risorse». Ancora, «l’assessore ha invitato i dg a mandare una comunicazione sia ai medici ospedalieri che agli specialisti ambulatoriali per fare le prescrizioni di farmaci, esami e visite, perché attualmente c’è il doppio passaggio, da loro e da noi. E anche riguardo alla malattia e all’infortunio, se un paziente esce dall’ospedale dovrebbe essere sufficiente la certificazione del medico che lo dimette, invece li rimandano da noi».

Prosegue Melis: «Chiediamo che la regione ci ascolti, si faccia una programmazione del numero degli iscritti in medicina, in modo da andare a regime nell’arco di dieci anni, nel frattempo bisogna incentivare maggiormente i nostri medici, se qualcuno vuole fare turni al pronto soccorso, perché mandare un professionista cubano? C’è uno spreco di risorse, inoltre attendiamo quelle previste nel Collegato, 10 milioni per il 2023, 20 milioni per il 2024 e 20 per il 2025, che servirebbero per creare le associazioni di medici e ci darebbero la possibilità di collaborare meglio».

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