Il mondo distorto e fuori controllo dei social a portata di ogni tastiera ha generato un paradosso: l’uomo a cui hanno ucciso una figlia nel fiore dell’età è costretto a difendersi dagli attacchi scellerati di chi è convinto di poter sputare giudizi su tutto, nascondendosi dietro il muro della Rete. Gino Cecchettin, padre di Giulia, vittima di un femminicidio che ha sconvolto l’Italia, si ritrova sotto il tiro dei moralisti da telefonino soltanto perché ha deciso di convertire il suo dolore in una campagna per fermare la violenza contro le donne e gli effetti distorti di una società ancora (troppo) a trazione patriarcale.

Giudizi gratuiti e sommari

Le apparizioni in tv dell’ingegnere veneto vengono interpretate dai commentatori da due soldi come presunta voglia di protagonismo, non per quello che è: il percorso di un padre costretto a convivere con il lutto estremo della perdita di una figlia di ventidue anni. Gino Cecchettin deve avere le spalle larghe anche per proteggere l’altra figlia, Elena, dall’11 novembre privata dell’esistenza, della vicinanza, dell’amore della sorella-amica Giulia: pure lei si è ritrovata sotto il bersaglio delle critiche più taglienti e feroci. Stessa questione: ha portato la sua disperazione all’esterno, senza pensare al mondo di avvoltoi che le si sarebbe avventato contro: “Ha la maglia da satanista”, “pensa solo alla tv”, “abbiamo la nuova Ilaria Cucchi”, il concentrato di centinaia di sentenze illogiche e non richieste.

Femminicidio e odio

L’effetto è iperbolico: la linea senza controllo dell’odio social porta il femminicidio di Giulia a generare altra violenza su una giovane donna ferita dalla perdita della sorella. Una cattiveria inaccettabile, concetti perversi e diabolici (quelli sì) che fino a una ventina di anni fa si sarebbero persi tra i tavolini di qualche bar di provincia. E che ora invece possono rimbalzare all’infinito nel mare del web, arrivando a colpire chi non può meritare tanta ostilità. È il momento più nero della consuetudine malsana degli insulti social, è il consolidamento del sistema di chi, spinto dalla pochezza di idee e di vita, ha solo la tastiera di uno smartphone o di un pc per vomitare odio e dimostrare la propria esistenza. E allora ben vengano le denunce, anche se rappresentano una sconfitta per tutti.

Denunce necessarie

L’ avvocato dei Cecchettin ha già presentato alcune querele per diffamazione. «Me ne segnalano di continuo, a decine. Messaggi diffamatori molto pesanti», racconta. «Lasciate in pace quest'uomo, abbiamo altro a cui pensare». Il 55enne di Vigonovo (e con lui sua figlia) dovrebbe essere circondato da un amore spontaneo e incondizionato e invece si ritrova a discutere col suo legale per fermare chi straparla e insulta gratuitamente.

Il silenzio di Natale

I seminatori d’odio provino a pensare al Natale, al silenzio sordo che rimbomberà in quella casa intrisa di dolore. Pensino allo strazio di una famiglia colpita prima con una madre strappata ai suoi figli e poi dalla scomparsa choc della ragazza che ha pagato con la vita la vicinanza a un giovane disturbato e spietato. Non è possibile che davanti a questa sofferenza senza fine non si fermi la smania ossessiva di affidare ai vari Facebook, TikTok e X qualunque congettura o supposizione. È il momento di ritrovare un po’ di umanità. Gino e Elena (e il giovanissimo fratellino) Cecchettin meritano almeno questo regalo.

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