Cherchez la femme, si dice. E in questo volgere dell’estate del Continente infiammato dalla guerra in Ucraina, di due donne si sono cercate le tracce. Due spie in missione per il proprio Paese, guarda caso per conto di Kiev e di Mosca. La prima avrebbe preso parte all’attentato dinamitardo che ha ucciso Darya Dugina, figlia del consigliere di Vladimir Putin Alerksandr Dugin. L’altra, trentenne peruviana di padre tedesco, protagonista di quella che viene definita con enfasi «la più clamorosa operazione d’intelligence» realizzata dal Cremlino in Italia.

La signora più ammirata

Storie buone per i giornali, ma non c’è nulla di nuovo. In guerra e in pace, la rete sommersa di relazioni tra Paesi viene intessuta dalle spie, agenti in incognito per carpire informazioni importanti, preparare azioni di sabotaggio, disporre le trame del doppio gioco. Uomini e donne, professionisti o infiltrati a libro paga. E se oggi di 007 donne si parla, vale la pena ricordare che anche nella storia d’Italia ci sono state (e ci sono) agenti segrete in missione. La più famosa fu una signora tra le più affascinanti e ammirate del suo tempo, della cui storia ancor oggi tanto si scrive. Virginia Oldoini, contessa di Castiglione, contribuì alla causa dell’unità d’Italia con ciò che meglio sapeva fare: suscitare ammirazione per quella che i cronisti dell’epoca definirono «un’emanazione della bellezza divina». Una bellezza che faceva cadere ai suoi piedi uomini a grappoli.

Un imperatore da sedurre

La carriera di spia della contessa di Castiglione cominciò nel gennaio 1856 quando Camillo Benso, conte di Cavour, primo ministro del Regno di Sardegna nonché cugino del marito, le affidò l’incarico di sedurre Napoleone III per convincerlo a sostenere la causa del Piemonte contro gli Austriaci. Il piccolo Stato era reduce dalla cocente sconfitta del 1849 e Cavour sapeva bene che senza un alleato di peso non avrebbe potuto cercare la rivincita. Di lì a un mese, esattamente il 25 febbraio 1856, sarebbe cominciato il Congresso di pace di Parigi, con tutte le grandi potenze attorno al tavolo, e il capo del governo sabaudo voleva avere la certezza che anche il Regno di Sardegna - che aveva partecipato alla guerra di Crimea al fianco di Francia, Inghilterra e impero Ottomano contro la Russia - vi sarebbe stato invitato, e in una posizione di parità.

Lo sconforto di Cavour

Cominciò però a correre la voce che al Piemonte sarebbe stato assegnato un posto marginale al tavolo di pace, tanto che Massimo D’Azeglio, dapprima designato a rappresentare il regno sabaudo al congresso, si tirò indietro per non fare cattiva figura. Era quello l’umore del momento a Torino. Cavour era pessimista, tanto che all’ambasciatore Salvatore Pes di Villamarina, che a quel punto lo avrebbe dovuto accompagnare a Parigi dopo la defezione di D’Azeglio, scrisse: «È possibile, anzi probabile, che la missione attuale sia l’ultimo atto della mia vita politica. I tristi risultati di un’alleanza la cui responsabilità ricade interamente su di me, segneranno la mia fine»

Le ragioni di Virginia

L’acume del diplomatico, per fortuna, spazzò via il pessimismo. Bisognava spingere Napoleone III a essere ben disposto verso il Regno di Sardegna, e di più, occorreva spingerlo ad appoggiarne le richieste. A Parigi aveva già inviato il fido Costantino Nigra, diplomatico straordinario, ma ci voleva dell’altro. Chi meglio di Virginia, pensò. «Cercate di riuscire, cara cugina, con il mezzo che più vi sembrerà adatto, ma riuscite!», scrisse alla contessa di Castiglione dopo averle spiegato il piano. Lei aveva accettato subito e per tre buoni motivi: Parigi era il palcoscenico migliore per promuovere la sua immagine (appassionata di fotografia, è stata un’influencer ante-litteram); siccome era una sincera patriota, avrebbe dato un contributo alla cacciata degli austriaci e alla nascita della nazione italiana; e, ultimo ma non ultimo, l’uomo da sedurre era l’imperatore dei francesi.  

I codici segreti

Virginia non solo era bellissima e appariscente. Era anche una donna colta, conosceva quattro lingue, aveva i modi finissimi dell’aristocratica nata e cresciuta a Firenze. E soprattutto era ambiziosa. Cavour era certo del risultato. Prima della partenza, fu istruita nell’utilizzo dei codici segreti e dei trucchi per la comunicazione dei messaggi. All’incontro partecipò anche il re Vittorio Emanuele II che, da par suo, chiese alla contessa anche un incontro privato. Fu così che l’aristocratica spia del Regno di Sardegna arrivò a Parigi. In meno di un mese, con i suoi abiti e le pettinature eccentriche, riuscì a incantare (e scandalizzare) la corte e a monopolizzare l’attenzione dei giornali. Soprattutto, diventò l’amante ufficiale di Napoleone III. Quanto dell’unità d’Italia sia venuta da sotto le lenzuola non è dato sapere, certo è che la contessa di Castiglione riferì a Torino informazioni preziose e oliò la buona disposizione dell’imperatore all’idea dell’alleanza col Piemonte.

La storia cancellata

Finì che al Convegno di Parigi il Regno di Sardegna ebbe la giusta attenzione, e tre anni dopo, nel 1858, Napoleone III - reduce da un attentato - s’impegnò formalmente ad appoggiare militarmente il Piemonte nell’eventualità di un’aggressione da parte dell’Austria, in cambio della cessione di Nizza e della Savoia. Gli eventi che quattro anni dopo portarono alla proclamazione dell’Unità d’Italia sono riportati nei libri di storia. Quel che la storiografia ufficiale tace è il ruolo di facilitatrice svolto dalla contessa di Castiglione. Era stata l’amante di Napoleone III per un anno soltanto, vittima della gelosia e delle macchinazioni dell’imperatrice Eugenia che organizzò due finti attentati all’imperatore per far ricadere i sospetti su di lei. Cosa che puntualmente si è verificata. Così Virginia fu costretta a lasciare Parigi. Aveva solo vent’anni, era considerata la donna più affascinante del tempo, ma la sua stella era ormai tramontata.

Dopo la morte, nel novembre 1899, i servizi segreti entrarono nella sua casa e rovistarono dappertutto. Fecero sparire documenti, biglietti, lettere che Virginia aveva custodito con cura sino alla fine. Della missione segreta a Parigi non è rimasto nulla di scritto.

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