La nuova direttiva europea sulle case green entrerà in vigore solo tra due anni e il testo lascia discrezionalità ai Governi sul come declinarlo Paese per Paese. Chi invece sta già prendendo in considerazione le novità previste dalla direttiva è il mercato che, come spesso accade (per esempio con i mutui rispetto ai tassi stabiliti da Banca centrale europea o Federal Reserve), anticipa gli effetti di norme e decisioni delle autorità. Secondo infatti i dati della Fiaip, la federazione degli agenti immobiliari professionali, nella maggior parte delle città italiane, esiste già una consistente differenza di prezzo tra le abitazioni ad alta e a bassa efficienza energetica. Le prime sono più ricercate e quindi i costi al metro quadro finiscono per essere decisamente più alti. Un parametro che si riflette anche sul valore dei mutui.

Le compravendite

Il fenomeno è molto simile a quanto accaduto sul mercato delle auto. Anche le Euro 4 restano sul mercato e si possono vendere, ma ormai gli automobilisti si rivolgono prevalentemente ai mezzi Euro 6 oppure ibridi ed elettrici, soprattutto nelle città più grandi, per evitare così di incorrere in blocchi del traffico e provvedimenti simili. Quindi il mercato inizia a scontare i provvedimenti presi da Unione europea e Governi.

Oggi, secondo quanto rileva la Fiaip, la classificazione energetica di un’abitazione è un elemento sempre più importante nella compravendita di un immobile, mentre fino a qualche anno fa tutto si esauriva in un semplice certificazione da allegare al contratto di acquisto o locazione, senza che si desse troppo peso allo stato dell’edificio. Oggi, invece, una buona classificazione energetica si porta dietro anche un surplus di prezzo e spesso gli acquirenti sono ben disposti nel spendere qualcosa in più che assicura però costi minori in bolletta e una casa che possiede e mantiene un maggior valore sul mercato. Secondo i dati Istat segnalati dalla Fiaip, i prezzi del nuovo, fascia in cui i parametri di efficienza energetica di solito sono più presenti, hanno avuto un incremento dell’8,9%, mentre quelli degli immobili già esistenti si sono fermati allo 0,3%. E se si prendono i dati dal 2010 a oggi, i valori del nuovo sono cresciuti del 24%, mentre quelli degli altri immobili sono calati dell’8,8%.

Insomma, se non si vuole acquistare un’abitazione green bisogna porsi qualche domanda, a iniziare da una fondamentale: saremo poi in grado di rivenderla a un prezzo congruo? Per ora la risposta è negativa a meno che non si decida di ristrutturarla seguendo i crismi previsti nella nuova direttiva europea, che prevede anche lo stanziamento di 152 miliardi a livello continentale per migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni esistenti. Una somma che divisa per gli Stati membri, significa in soldoni non più di 10 miliardi di euro per l’Italia, una cifra assolutamente insufficiente per varare un piano di ristrutturazione del patrimonio immobiliare italiano. Non bisogna infatti dimenticare che i costi del Superbonus sono lievitati enormemente, superando i 130 miliardi di euro per il nostro Paese.

Le nuove regole

La Commissione europea ha previsto nella nuova direttiva sulle case green che entro il 2030 tutti i nuovi edifici siano a emissioni zero. La conseguenza immediata è che il costo del nuovo sarà decisamente più alto. Inoltre, è stato deciso che il 15% degli edifici esistenti venga ristrutturato in tempi brevi, dando priorità a quelli che hanno le prestazioni energetiche peggiori (circa 1,8 milioni di immobili nel nostro Paese). Sono previste tuttavia eccezioni, ad esempio per alcune tipologie di edifici storici. L’obiettivo è quello di ridurre i consumi di energia del 16% entro il 2030 e del 22% entro il 2035 per arrivare ad avere zero emissioni dagli immobili entro il 2050, posto che la CO2 prodotta dagli immobili rappresenta circa il 40% del totale.

In Italia, il 70% degli edifici appartiene alle tre classi energetiche più basse, che vanno dalla E alla G. Serviranno dunque molti fondi per dare corso alle previsioni della direttiva Ue ma certamente quelli stanziati da Bruxelles non bastano. Una soluzione potrebbe essere quella di legare gli incentivi al reddito, dopo che proprio nei giorni scorsi il Governo Meloni, su indicazione e richiesta del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, ha deciso di sospendere lo sconto in fattura e la cessione del credito. Quindi significa che d’ora in avanti solo chi ha capacità di spesa (e capienza fiscale), da farsi poi rimborsare sulla dichiarazione dei redditi, potrà dare corso ai lavori e chiedere allo Stato gli incentivi.

Quanto costerà

Secondo un rapporto (“La riqualificazione energetica del patrimonio abitativo italiano”) elaborato da Cresme in collaborazione con Symbola e promosso da Assimpredil Ance e European Climate Foundation, il costo complessivo derivante dalle indicazioni della direttiva europea si aggirerebbe intorno ai 319 miliardi di euro. Il rapporto ha preso in esame due possibilità: la ristrutturazione di una villetta monofamiliare e di un appartamento condominiale, entrambi costruiti tra il 1961 e il 1975, entrambi di 120 metri quadrati. Nel primo caso la spesa va da un minimo di 19 mila euro, senza Iva, per la sostituzione soltanto dell’impianto di climatizzazione invernale, fino a 55.420 (sempre senza Iva) per l’installazione di una pompa di calore e il cappotto termico alle pareti. Se poi si prevedono altri interventi la spesa cresce ancora (nel caso ad esempio anche di sostituzione degli infissi). Per un appartamento della stessa metratura, solo l’installazione di pompa di calore e serramenti nuovi si aggira intorno ai 23.600 euro (senza Iva), che diventano 48.464 in caso di realizzazione del cappotto termico alle pareti e installazione di una caldaia a condensazione.

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