Quando arriva quel pensiero si manifesta come una necessità quasi impellente, un desiderio irrefrenabile. E non ci si può opporre ma seguire l’impulso e farsi tatuare. Sono in tanti a confessare così le ragioni che spingono a dipingere il proprio corpo, trasformandolo in una tela di dimensioni irregolari. E in estate le spiagge diventano immense esposizioni, più o meno artistiche. Samurai e leoni multicolori, sagome di delfini e nomi di fidanzati talvolta dimenticati, fiori e cani emergono tra scapole, gambe, braccia e ombelichi. Un fenomeno oggi diffuso in modo trasversale, che tocca tantissime persone: in Italia si stima che il 13 per cento della popolazione non resista alla tentazione di farsi tatuare. Di queste raffigurazioni spesso stravaganti si nota immediatamente il lato estetico, il bisogno di mettere un timbro sulla pelle in modo artistico. Senza che ci si renda conto che, quando si apportano segni indelebili al corpo, si ripete uno dei riti più importanti della storia dell'uomo.

Un balzo indietro nel tempo è utile per scoprire le origini di questa pratica. Che non è un’esclusiva delle popolazioni primitive del centro-sud America, dell’Africa o dell’Oceania. Già dalla preistoria nella nostra Penisola era molto diffusa: lo testimonia la mummia di Oetzi, l’uomo rinvenuto all'inizio degli anni Novanta sulle Alpi Venoste, nel cui corpo sono stati trovati ben 61 tatuaggi, legati probabilmente a rituali di guarigione. I resti della mummia, conservatisi per più di cinquemila anni grazie al clima rigido, sono stati oggetto di studi, diventando in breve anche un originale fenomeno. Per avere un’idea basta citare un esempio: l’attore Brad Pitt ha un tatuaggio su un avambraccio proprio con i contorni della mummia.

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Sfogliando i capitoli della storia troviamo questa usanza anche fra i soldati romani che entrarono in contatto coi Britanni e coi Traci. Un fenomeno che prese piede a tal punto da spingere l’imperatore Costantino, nel 325 dopo Cristo, a proibire il tatuaggio sul viso perché modificava le sembianze dell’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio. Il divieto definitivo per i cristiani risale al 787 dopo Cristo a opera di papa Adriano I e, nel tempo, ribadito in altre bolle papali. Ma questa interdizione non fermò i cristiani, che continuarono a farlo in clandestinità. Va ricordata la presenza al santuario di Loreto dei frati denominati “marcatori”, che esercitavano appunto l’arte del tatuaggio. In un primo momento le loro raffigurazioni erano nient’altro che simboli cristiani che “ricamavano” mani e polsi. Successivamente questi frati davvero singolari decisero di rappresentare vere opere d’arte, arrivando perfino a delineare i contorni della Madonna di Loreto. L’usanza di fare una tela della propria pelle sopravvisse in clandestinità, in particolare fra i soldati, nel popolo e in alcuni luoghi di culto come la Santa Casa di Loreto e il Sepolcro di Gerusalemme.

I tatuaggi ebbero, insomma, nel passato funzioni sacre e magiche. Ma rappresentarono anche una forma di comunicazione sull'identità e la provenienza di chi li portava. In altre parole, quasi una carta d'identità marcata sul corpo: attraverso figure e simboli si comunicava la nazionalità, il cognome, la professione e la religione. E perfino il proprio angelo custode.

Nella cultura occidentale con lo scorrere del tempo si fece strada la convinzione che il tatuaggio riguardasse i ceti più bassi e i delinquenti. Questo spiega le ragioni per cui, prima della moderna stagione dei tatuaggi a pagamento, questa forma artistica era riservata ai galeotti o ai mercenari.

Un fenomeno diffuso in tutto il mondo, senza esclusione dei popoli tribali: da quelli etiopici ai Masai del Kenia, dagli aborigeni australiani ai Maori della Nuova Zelanda. Una pratica ancora oggi diffusa e accettata persino dai buddisti. Insomma, un fenomeno che affonda le radici nel tempo e che ancora oggi sopravvive, forse con un vigore ancora più deciso. Il motivo? Secondo alcuni studiosi delle dinamiche sociali, oggi è sempre più difficile farsi riconoscere con simboli materiali o altro. Tornare al corpo con i “ricami” sulla pelle è in fondo la cosa più lineare, alla portata di tutti.

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