La barriera ai piedi del Monte Arci è rimasta un bel progetto sulla carta. Così come restano i canali, spesso sporchi e ostruiti ad autunno inoltrato, e soprattutto rimane la paura fra le persone. Chi il 18 novembre di dieci anni fa ha vissuto la devastazione del ciclone Cleopatra non dimentica, ad ogni allerta meteo rivive l’incubo del fango e dell’acqua che con prepotenza entra nelle case e travolge tutto. L’Oristanese è stato uno dei territori maggiormente colpiti dall’alluvione: Uras, Terralba, Palmas Arborea, Solarussa, Gonnostramatza ma anche Bosa erano stati messi in ginocchio. E a Uras c’era stata anche una vittima, Vannina Figus morta nella sua casa mentre il marito Piero Pia si era salvato ma a distanza di due mesi si era dovuto arrendere. Un dramma nel dramma che nessuno ha mai dimenticato.

I danni

Dieci anni fa proprio Uras era stato uno dei primi paesi a finire sotto l’ondata di acqua, fango e detriti venuta giù dal Monte Arci. Poi Terralba, Palmas Arborea e Solarussa. Pioveva intensamente dal giorno prima, nel pomeriggio di lunedì 18 novembre l’emergenza: il rio Tamis e il rio Craccheras avevano rotto gli argini, le zone di Sant'Antonio e San Salvatore erano completamente allagate, case sommerse fra via Eleonora e via Sassari. A Terralba erano state evacuate 800 persone, un centinaio di famiglie a Solarussa e una trentina anche a Tiria, borgata agricola di Palmas Arborea. Un vero disastro, per mesi migliaia di persone erano rimaste senza un tetto, anziani bloccati al primo piano che ricevevano farmaci e alimenti dalle forze dell’ordine, attività stremate e addirittura qualcuna non si è più ripresa.

In mezzo alla tempesta, il raggio di sole arrivò dall’ondata di solidarietà, con associazioni e un esercito di volontari che non si è risparmiato prodigandosi per aiutare chi era in difficoltà. Tutti ricordano quei momenti, gli aiuti e la vicinanza dei volontari rimasti sempre in prima linea.

La devastazione del ciclone Cleopatra nell'Oristanese (foto archivio Unione Sarda)
La devastazione del ciclone Cleopatra nell'Oristanese (foto archivio Unione Sarda)
La devastazione del ciclone Cleopatra nell'Oristanese (foto archivio Unione Sarda)

Le vittime

A Uras in via Sassari l’acqua aveva raggiunto i due metri d’altezza. Auto sommerse, fango e detriti nelle case. Proprio qui la furia di Cleopatra non ha risparmiato Vannina Figus, 64 anni. “Al momento dell’alluvione Vannina era in camera da letto – ricorda Giovanna Meloni, pensionata e cognata della prima vittima del ciclone – era stata trascinata dall’acqua, venne ritrovata sotto un tavolo. Mio cognato Piero Pia era riuscito a salvarsi rimanendo attaccato alla finestra per sei ore”. Nonostante le cure non si è più ripreso e qualche mese dopo è deceduto. Anche via Eleonora era finita sott’acqua. La rivendita di bombole e bici paga ancora oggi il prezzo di quegli allagamenti come racconta con rabbia il titolare Roberto Serra. “Avevo aperto il negozio da appena tre anni, era tutto nuovo e in un attimo è stato devastato. Ricordo quel giorno come fosse ieri, non ero riuscito nemmeno ad abbassare la serranda, eravamo dovuti scappare. Ripartire è stato durissimo, gli aiuti sono rimasti promesse, Regione e Stato completamente assenti”. C’è stata anche una giovane mamma di due bambini di 3 mesi e 5 anni che si è salvata perché aveva portato i suoi figlioletti dal pediatra. “Una circostanza fortunata ma la casa andò distrutta. Per anni abbiamo vissuto con il terrore e ancora oggi quando piove abbiamo paura” ammette Federica Lai, assistente per anziani.

Gli interventi

Drammi che sarebbero dovuti servire da monito ma in dieci nulla, o quasi, è cambiato. Gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico non sono stati effettuati. Lo ripete l’allora sindaco di Uras Gerardo Casciu. “La situazione non è cambiata, i rischi ci sono sempre e ogni volta che piove viviamo nella paura – commenta – La mia amministrazione aveva lasciato un progetto esecutivo per la messa in sicurezza del rio Tamis e del rio Craccheras, c’erano 17 milioni per il rischio idrogeologico nel Terralbese ma non si è più saputo nulla”. L’ex sindaco ricorda i giorni drammatici di dieci anni fa “quando solo le associazioni e i volontari, tante aziende private ci sono stati vicini nella più totale assenza delle istituzioni”. Anche l’attuale sindaco Samuele Fenu ammette che in questi dieci anni non si è fatto quasi nulla sul fronte del rischio idrogeologico. “Il progetto per intervenire con uno sbarramento ai piedi del Monte Arci ha un iter lunghissimo, c’è troppa burocrazia persino per effettuare la pulizia dei canali”. A Terralba il sindaco Sandro Pili fa sapere che si è cercato di risolvere le maggiori criticità; a Solarussa alcune opere per la mitigazione dei rischi idrogeologici sono già state effettuate, l’attenzione è massima, nessuno vuole rivivere quei momenti drammatici come ripete il primo cittadino Mario Tendas. A Palmas Arborea, come sostiene il sindaco Emanuele Cadoni, è stato messo in sicurezza il canale che costeggiava la parte bassa di Tiria mentre sul ponte che attraversa la strada Siamanna-Marrubiu è intervenuta la Provincia.

Gli effetti del passaggio del ciclone dieci anni fa (foto archivio Unione Sarda)
Gli effetti del passaggio del ciclone dieci anni fa (foto archivio Unione Sarda)
Gli effetti del passaggio del ciclone dieci anni fa (foto archivio Unione Sarda)
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