I tempi d’attesa per un intervento per tumore al seno sono ritornati a livelli inaccettabili. Circa settanta giorni dopo la diagnosi, quando la legge ne prevede trenta: logico che moltissime pazienti da Cagliari vadano in altre regioni per farsi operare. È di nuovo emergenza, c’è stato un breve periodo, un annetto fa, in cui si era riusciti a ridurre un po’ le liste, ma poi la situazione è nuovamente precipitata. E questo vale per molte patologie: i cittadini sardi non trovano risposte adeguate e nei limiti della “sicurezza” nel sistema sanitario regionale e allora partono per la Lombardia, l’Emilia Romagna, il Veneto, la Liguria e il Lazio, che complessivamente assorbono l’80% dei casi di migrazione per la salute.

I viaggi dei malati – più o meno sono 14mila all’anno – aumentano, lo certificano i dati sulla spesa della mobilità: il totale dei debiti (cioè quanto costa pagare le cure dei pazienti fuori dall’Isola) è di 108.742.107 euro, quello dei crediti (la voce per chi invece arriva qui) 25.759.668 euro, dunque il passivo a carico del bilancio regionale è di 82.982.439 euro. L’anno precedente era pari a 61 milioni.

«La situazione è molto preoccupante, sono sempre di più i sardi obbligati ad andare oltre Tirreno per curarsi», commenta il portavoce di Cittadinanza Giorgio Vidili, «la nostra sanità non è capace di dare risposte puntuali, e non a tutti quelli che fanno domanda viene concessa l’autorizzazione per partire. Poi, ci sono quelli costretti a rinunciare del tutto, perché non sono nelle condizioni economiche di affrontare i costi di una malattia».

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