Il tema della numerosità dei micro Comuni, riconosciuti come tali al di sotto dei mille abitanti (sono circa 1.500), ma anche di quelli con dimensione demografica sino a 3mila residenti, pone il problema della loro sostenibilità.

La difficoltà è aggravata da un inarrestabile spopolamento, con i giovani che si spostano e di conseguenza peggiorano il quadro della denatalità. Nasce da qui l’esigenza di approfondire gli istituti giuridici funzionali ad aggregare più enti locali per garantirne continuità, sviluppo e maggiore tranquillità nei bilanci.

Le soluzioni sono le Unioni dei Comuni o le fusioni. Queste ultime sono più difficili da realizzare per la perdita di identità dei Comuni fusi. Entrambi i percorsi lasciano aperte difficoltà procedurali, soprattutto in termini di gestione della successione dei debiti.

La regola generale sancisce che il nuovo ente - se fatto per Unione - o l’ente incorporante - se con incorporazione - subentra a titolo universale nei rapporti giuridici di quelli soppressi. Di conseguenza diventa titolare di tutti i diritti e doveri, compresi i debiti, i crediti, i rapporti contrattuali e le obbligazioni pendenti, a condizione che non vi siano norme di dettaglio regionali che regolino diversamente il procedimento.

Per quel che riguarda il patrimonio, il procedimento è quindi analogo al meccanismo civilistico previsto dagli articoli 2504 e seguenti del Codice civile, che impone al nuovo ente locale l’onere di ereditare l’intero patrimonio (attivo e passivo) dei Comuni originari. A meno che intervengano eventuali disposizioni contrarie nelle leggi regionali che rivedono il processo di fusione, magari con accollo alle Regioni del deficit patrimoniale eventualmente determinato, mediante una contribuzione corrispondente. Con questo, le obbligazioni contratte dai Comuni soppressi prima del perfezionamento della fusione, si traducono in adempimenti del nuovo Comune; la stessa cosa accade con i contratti in essere, tranne quelli dei quali viene meno la causa originaria; nessun creditore dei Comuni fusi può pretendere l’adempimento da un soggetto diverso dal nuovo Comune, a meno delle diverse discipline regionali come detto poco sopra.

Tutte le obbligazioni, comprese quelle tributarie, i mutui contratti dai Comuni soppressi, i prestiti e i debiti fuori bilancio da riconoscere diventano quindi a totale carico del nuovo ente. A ben vedere, in un’ipotesi del genere, così come in quella di nuova Unione di Comuni, a contare saranno le disposizioni regionali che regolano la procedura e l’istituzione del nuovo Comune, e che possono disporre nel dettaglio in tema di armonizzazione dei bilanci, del trattamento dei debiti e di organizzazione dei servizi.

Un’attenzione particolare va riservata al trattamento dei debiti fuori bilancio e delle passività occulte emersi a fusione perfezionata. Qui entra in gioco l’irrinunciabile principio della continuità dei bilanci, da rispettare con le regole che scandiscono i passaggi della procedura ordinaria di riconoscimento da affrontare con diligenza nelle diverse fasi della ricognizione e degli atti di assestamento di bilancio necessari.

Ettore Jorio

(Estratto da “Norme e tributi Enti Locali e Edilizia”, Il Sole 24 Ore, 7 ottobre 2025, in collaborazione con L’Unione Sarda)

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