Il Bardo sembra che abbia scritto Re Lear per inquadrare i rapporti di forza e potere e, allo stesso tempo, le relazioni amorose e le dinamiche familiari legate soprattutto alle tre figlie: Gonerilla, Regana e Cordelia.

In seguito al loro matrimonio, Lear decide di rinunciare al trono e di dividere il regno tra Gonerilla e Regana diseredando la terza figlia, Cordelia, dalla quale si sente tradito. Cordelia, scacciata dal regno, pensa che il vecchio padre si privi del potere finendo vittima dell'ingordigia e dell'egoismo delle due sorelle maggiori, eredi e regine, che negano al proprio padre anche i privilegi regali lasciandolo solo e incompreso. Lear, ormai abbandonato a se stesso, decide di vagare per i boschi perché vuole stare lontano dalle sue figlie senza cuore. Il tempo passa e Lear, seguito costantemente dal suo fedele Matto che diventa la voce della sua coscienza, inizia a perdere il lume della ragione e impazzisce mentre l'unica che potrebbe consolarlo è sua figlia Cordelia.

Un testo massiccio, denso di dialoghi da togliere il fiato.

L'adattamento del Salto del Delfino si sofferma sulla figura del Re in rapporto alla personalità dell'attore che lo interpreta. Due figure apparentemente distanti che raccontano la propria storia su binari paralleli: il Re e l'attore. Quale umanità può accomunarli?

Due uomini di 84 anni, ognuno con le proprie esperienze: passioni e sensibilità differenti per due temperamenti che appaiono duri e scostanti. Eppure hanno amato e anche loro sono stati amati.

Anzi, questo è il punto: il vecchio Re vuole sapere chi, delle sue tre figlie lo ama di più; in base alle loro risposte potrà decidere se, e in quale misura, assegnare loro in eredità le terre e il denaro in suo possesso. Shakespeare non parla quasi mai della moglie del Re, citando appena il fatto che essa sia defunta.

Lear deve portare da solo, sulle proprie spalle, il peso di una scelta, e il fardello della sua fatica mentale, mentre a lenti passi si avvicina verso la tomba. Portando l'attenzione all'analisi del testo, la figura della Regina è come se uscisse dalle pieghe della scrittura tanto che la regia ha sentito la necessità di chiamarla per nome.

Un nome, Elisabetta, che tanto ha significato per l'attore che lo interpreta.

Un compito non facile, neanche da vecchi: portare in scena questo personaggio. Anzi, proprio con la possibilità dell'attore di immedesimarsi nell'esperienza del vecchio, le emozioni si moltiplicano: i vecchi ingombrano e spesso devono cercare dei compromessi con i propri figli.

Lear vorrebbe andare ospite da Gonerilla e Regana, di mese in mese, a turno. Le figlie vorrebbero scegliere per il proprio padre le situazioni e le persone che esse pensano siano meglio per la sua vecchiaia. Sua Maestà non ci sta, rivendica di essere il Re, lucido e consapevole. Come l'attore sulla scena, capace di interpretare e di voler conquistare per se l'approvazione del popolo spettatore.

Il Fool, un matto, provoca il Re e, in qualche modo, se ne prende cura.

L'attore si guarda indietro e, come Lear, si confronta con il suo passato: le intemperanze, l'amore, i conflitti, le tensioni e i ripensamenti sui comportamenti “socialmente" considerati inaccettabili.

Tutto si svolge in una scena pressoché deserta, quasi una landa desolata dell'anima, dove può succedere di tutto, dove si manifestano i fantasmi di ciò che è stato: la testimonianza dei sogni (o incubi) a occhi aperti, mai realizzati, che ora non possono più volare verso un epilogo diverso dal tragico.

Il Fool segna una strada di redenzione alla quale non può credere fino in fondo neanche lui.

Al Re servirebbe un abbraccio di Cordelia, la terza figlia, verso la quale Lear si sente iniquo e che l'attore stringe a sé per mitigare l'attesa di ciò che sarà e per rendere meno amara la spregiudicatezza della vita stessa.

Coltiviamo il peso di questo tempo triste, affidando al matto una possibilità di trasfigurarlo: il Fool ce la mette tutta ma, come ogni matto, ha difficoltà a farsi comprendere dai savi.

I mariti delle figlie stanno alla finestra, ignari di essere anch'essi nella roulette della vita. Il Re cerca di essere giusto ma, come spesso accade, la verità assoluta non risiede in un unico punto di vista: le ruggini che derivano dalle sue scelte sono difficilmente risolvibili e le ferite emotive sanguinano silenziosamente.

Lo spettacolo “ Tino Petilli è Re Lear" vi aspetta in prima nazionale il 16 settembre alle ore 21 a Cagliari, all'Arena Parco della Musica. Il Salto del Delfino teatro ha prodotto questo lavoro come omaggio al Maestro Tino Petilli e al pubblico che lo ama. Nonostante i tempi difficili per la produzione e la distribuzione teatrale, la direzione artistica della Compagnia auspica che lo spettacolo possa girare nei teatri per continuare a proporre i propri lavori e per poter investire ancora nelle produzioni future.

Il Fool lo interpreta Nicola Michele, che ha curato anche l'adattamento e la regia.

La scelta delle musiche è a cura di Tino Petilli.

I costumi sono stati ideati e realizzati da Emilio Ortu Lieto, con la preziosa collaborazione di Cinzia Moro.

Gli elementi scenografici sono a cura di Pietro Rais.

Le foto e la grafica portano la firma di Stefano Obino.

Il progetto digitale del trucco di scena è di Alessia Angioni.

Audio e luci sono ad opera della ditta Scenotecnica.

L'ufficio stampa è curato da Simone Cavagnino.

Vi aspettiamo il 16 settembre in piazza Nazzari a Cagliari, all'Arena Parco della Musica.

Grazie

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