Il piccolo Eitan e la disputa familiare attorno al bambino
Attesa per l’udienza davanti al giudice israeliano anticipata al 23 settembre
Uno stratega delle pubbliche relazioni. All’inizio non si era ben capito quale fosse il suo ruolo. Ma ora che la sua attività sta entrando nel vivo è tutto più chiaro: Rohnen Tzur deve convincere il mondo israeliano che il piccolo Eitan è felice tra le braccia del nonno materno e lo sarà ancora di più tra quelle della zia Gal, che contestualmente ha annunciato sulla stampa l’avvio della pratica di adozione insieme al marito.
Quello che per la giustizia italiana, e pure per la Convenzione internazionale de L’Aja, è un sequestro di persona aggravato, per l’uomo assoldato dal nonno materno del piccolo sopravvissuto alla strage del Mottarone (il 23 maggio scorso persero la vita 14 persone, tra queste il padre, la madre, il fratellino e i bisnonni del bambino), è invece il ritorno alla felicità. La prova? La fotografia diffusa dai familiari della madre di Eitan: il bambino di sei anni in braccia al nonno, entrambi sorridenti. Il nonno non sembra un rapitore, il nipote non appare un ostaggio.
Ma non finisce qui l’incarico dello stratega. Non è un caso se il nonno materno del bambino, Smhuel Peleg, si è fatto intervistare: le sue parole sono andate in onda in prima serata, venerdì scorso, in uno dei programmi di attualità più seguiti in Israele. Insomma, la narrazione del bimbo tornato a casa è cominciata alla grande per convincere l’opinione pubblica israeliana che inizialmente aveva visto con severità l’azione del nonno materno. Invece ora già qualcosa è cambiato: la famiglia materna vuole che il processo sull’affidamento di Eitan si svolga in Israele dove tutti possano comprendere la lingua a differenza di quanto è avvenuto in Italia. Così si è espressa la zia Gal sul quotidiano sostenitore della destra: è importante che Eitan resti ebreo. Di più: la zia materna ha dichiarato che la zia paterna la guardava dall’alto in basso per ragioni etniche. Ed è così che lo scontro familiare in pochi giorni, grazie al super stratega, è diventato ideologico dividendo gli israeliani di destra da quelli di sinistra. La sinistra è per il rispetto della legge insieme alla zia paterna, la destra è per il nazionalismo ebraico con la zia materna.
Tutto questo fa infuriare la famiglia del padre di Eitan, soprattutto la sorella Aya che vive in Italia e alla quale è stato affidato il nipotino dal tribunale subito dopo il terribile incidente. Da mesi Eitan viveva con gli zii e e le cuginette in provincia di Pavia e lentamente stava cominciando a tornare alla normalità anche se fisicamente non ha ancora recuperato e a causa delle numerose fratture cammina con un girello, mentre sotto il profilo psicologico la stessa zia Aya ha raccontato che tutte le notti doveva stargli accanto e tenergli la mano per farlo addormentare e quando durante la giornata andava in bagno doveva lasciare in pegno al bambino i suoi occhiali: solo così si sentiva sicuro che la zia sarebbe tornata da lui.
Ora invece Eitan chiede in continuazione degli zii e dei cuginetti e non può certo capire che in Israele il nonno materno gli sta organizzando una nuova vita. E se il bambino, che ha vissuto il distacco dall’intera famiglia e poi è stato strappato agli zii, col passare dei giorni si abituerà alla nuova situazione, il rientro in Italia potrebbe essere l’ennesima terribile frattura.
Si vedrà. L’udienza davanti al giudice israeliano, prevista per il 29 settembre, è stata anticipata al 23: gli zii paterni confidano nel rispetto della Convenzione internazionale dell’Aja sulla sottrazione dei minori per riportare subito Eitan in provincia di Pavia, dove il bambino era arrivato con i suoi genitori quando non aveva ancora due mesi. Ha frequentato la scuola materna lì e nel gennaio scorso padre e madre avevano effettuato la preiscrizione alle Elementari in un istituto cattolico, quello delle suore Canossiane.
Dopo la tragedia del Mottarone, con il cavo d’acciaio che si spezza e la cabina della funivia che precipita nel vuoto, il bambino è stato affidato alla zia Aya, sorella del padre, psicologa in carcere, sposata con due figlie, da tempo trapiantata in Italia con tutta la famiglia. Ma non è mai mancata la presenza dei nonni materni che si sono trasferiti in Italia all’indomani del dramma, entrambi in hotel, seppure diversi poiché sono separati, peraltro sul nonno pende una condanna con la condizionale per maltrattamenti ai danni della ex moglie.
Il nonni sono dunque stati accanto a Eitan e gli incontri erano autorizzati dal giudice. C’era solo un divieto: quello di espatrio del bambino, in virtù del quale al nonno materno era stata intimata la restituzione del passaporto israeliano del nipotino. Ordine disatteso.
I familiari materni di Eitan contestavano l’affidamento del bambino ed era in atto una dura battaglia legale. Il nonno suprattutto non ha mai nascosto di voler riportare in Israele il nipote, diceva che questa era la decisione già presa dai genitori prima di morire, e poi non gli piaceva la scuola cattolica: in Israele sarebbe stato educato secondo la tradizione ebraica. Pensava pure che dalle sue parti il bambino sarebbe stato curato meglio.
Però nessuno immaginava la svolta di questa terribile storia: due sabati fa il nonno materno è andato da Aya a prendere Eitan, avrebbe dovuto riportarlo alle 18,30 invece si è fatto vivo molto più tardi con un sms: “Eitan è tornato a casa”. Ossia in Israele. Il nonno aveva preso il bambino e in auto era andato fino a Lugano dove lo aspettava un aereo privato e col passaporto del bambino mai restituito era partito per Tel Aviv.
La magistratura italiana indaga anche su eventuali complici del nonno e della nonna, indagati insieme all’autista dell’auto che ha guidato fino alla Svizzera. In Israele invece il nonno, dopo cinque giorni di arresti domiciliari, è tornato in totale libertà. L’ambasciatore italiano è andato a casa sua, ha visto Eitan: sta bene. Gli zii paterni, invece, dicono che al bamabino è stato fatto il lavaggio del cervello, non capisce che cosa sta succedendo ed è convinto che il nonno lo abbia portato in Israele per una vacanza. E ora Aya, scortata all’arrivo a Tel Aviv a causa di minacce e insulti sui social, mentre sconta un periodo di quarantena si è anche sentita invitare dal nonno materno a sedersi e parlare.
La disputa è tutt’altro che conclusa. Tutti dicono di muoversi per il bene del bambino che a questo punto non si sa quale possa essere.