“È Covid, non un infarto”, e la dimettono: muore due ore dopo, i familiari presentano denuncia
Era andata in pronto soccorso con dolori al petto e al braccio, temeva un attacco cardiaco. Positiva al tampone di controllo, i medici hanno dato la colpa al virus mandandola a casa(Immagine simbolo Ansa)
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È andata in ospedale lamentando dolori al petto e al braccio. Sottoposta a tampone di controllo, è risultata positiva e i medici l’hanno dimessa perché quel dolore che avvertiva era Covid, “non un infarto”.
E invece, dopo neanche due ore è morta, stroncata da un infarto sotto gli occhi del marito.
La drammatica storica riguarda una donna di 68 anni di Formia (Latina), e ora i familiari hanno presentato una denuncia chiedendo di fare chiarezza sul caso.
Allarmata da quei dolori al braccio e al petto che sentiva da alcuni minuti, la donna lo scorso 11 luglio alle 8 del mattino – accompagnata dal marito – è andata al Pronto Soccorso dell’ospedale Dono Svizzero, convinta di avere un attacco cardiaco.
È stata sottoposta ad alcuni esami da cui non sarebbe emerso nulla di preoccupante ed è stata disposta anche una radiografia al torace. Come da prassi inoltre, i medici le hanno fatto il tampone, che è risultato positivo.
Quei dolori, le avrebbero detto dunque i medici senza indagare su un’eventuale natura cardiaca degli stessi, “sono legati al virus”. Alle 9.30 le dimissioni con diagnosi di “dolore al torace in Covid positiva”.
I medici le hanno prescritto la classica terapia in caso di contagio con Fluimucil e Toradol, imponendole l’isolamento fiduciario. Così la coppia è tornata a casa, il marito è andato in farmacia per acquistare i medicinali e ha fatto appena in tempo a rientrare e somministrare alla moglie le prime gocce, prima che lei crollasse improvvisamente a terra priva di vita.
Inutile l’allarme lanciato al 118, gli operatori dello stesso Pronto Soccorso al loro arrivo l’hanno trovata già priva di battito cardiaco e respiro. Hanno provato a rianimarla senza successo, fino a constatarne la morte alle 11.31, due ore dopo le dimissioni dall’ospedale.
E ora il marito e i figli della donna vogliono vederci chiaro e sollecitano gli inquirenti ad accertare se vi siano “responsabilità da parte dei sanitari dell'ospedale di Formia per l'errata diagnosi e per quelle dimissioni rivelatesi, con il senno di poi, quanto meno affrettate”.
(Unioneonline/L)