In carcere da sette mesi per duplice omicidio dei genitori adottivi Giuseppe Diana e Luciana Corgiolu a Settimo, il 28enne di origini russe Igor Diana si è tolto la vita ieri pomeriggio nella sua cella a Uta.

Il giovane ha utilizzato le stringhe delle scarpe per creare una fune improvvisata da legare alle sbarre della finestra. È stata una guardia ad accorgersi dell'accaduto.

Il pm ha dato il via libera per il trasferimento al Policlinico di Monserrato della salma, che sarà analizzata dal medico legale.

Il delitto era stato commesso nella notte tra l'8 e il 9 maggio quando Diana, per sua stessa ammissione, si era alzato con un «impulso irresistibile a uccidere».

Resta in vita il solo fratello Alessio, anche lui adottivo, militare di carriera. Ha saputo del suicidio mentre era impegnato in una esercitazione a Teulada.

I genitori dormivano nella stanza vicina, in una villetta a tre piani su via Copernico.

Con un bastone aveva tramortito la madre. Poi era passato al padre, che aveva reagito: aveva inseguito il figlio e al piano interrato gli aveva rotto una sedia sulla schiena.

Il ragazzo aveva afferrato un coltello lanciandoglielo contro, quindi ne aveva impugnato un secondo colpendolo più volte fino a ucciderlo.

Poi aveva infierito sulla donna.

Aveva trascorso due notti a casa in compagnia dei cadaveri e il terzo giorno tra Settimo e Cagliari prima di spostarsi a Nuxis, nel Sulcis, dove il padre aveva alcuni terreni.

Era rimasto lì sino al mercoledì quando, individuato da polizia e carabinieri, aveva tirato fuori una pistola innescando una sparatoria costatagli una frattura.

Dopo un'intervento chirurgico nell'ospedale di Iglesias venne richiuso nel penitenziario di Uta.

L'avvocato del giovane chiese gli arresti domiciliari. "Igor è incompatibile con la vita in carcere".

"La disperazione, un incolmabile senso di umana solitudine, l'angoscia per un futuro senza prospettive, l'ansia di dover dare risposte. Il suicidio in carcere di un ragazzo di 28 anni, padre di una bimba, lascia tutti interdetti. Non ci sono parole che possano essere utili per spiegarlo. Né possono rendere meno amara la notizia i probabili sensi di colpa. Occorre riflettere molto se la privazione della libertà in una struttura penitenziaria sia la soluzione migliore davanti a un pur gravissimo reato". Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell'associazione "Socialismo Diritti Riforme", avendo appreso del suicidio in cella del giovane che dopo il delitto si diede alla fuga.

"Nella serata di ieri - aggiunge Maria Grazia Caligaris - un altro detenuto ha tentato di togliersi la vita. Ieri il pronto intervento degli Agenti della Polizia Penitenziaria, degli Infermieri e del Medico di turno hanno scongiurato il peggio. Oggi purtroppo non è stato possibile".
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