«Potevo andare via, ho fatto la scelta sbagliata. La più sbagliata». Ha iniziato con dichiarazioni spontanee. Poi ha risposto alle domande. È durato poco meno di due ore,  davanti alla Gip del tribunale di Tempio, Marcella Pinna, l’interrogatorio di garanzia di Emanuele Ragnedda, il quarantunenne – assistito dall’avvocato Luca Montella –  reo confesso dell’omicidio di Cinzia Pinna, la trentatreenne di Castelsardo il cui corpo è stato trovato ieri nella tenuta dell’imprenditore,  tra Arzachena e Palau.

Video di Andrea Busia 

In Tribunale, a Tempio, Ragnedda ha confermato quanto affermato ieri durante l’interrogatorio  davanti ai carabinieri, al pm titolare dell’inchiesta Noemi Mancini e al procuratore capo di Tempio, Gregorio Capasso, subito dopo il fermo: aveva rivelato di aver sparato alla sua vittima, la notte tra l’11 e il 12 settembre,  al culmine di un litigio: un’azione compiuta, a suo dire, dopo essersi spaventato – con azioni influenzate anche dall’abuso di droghe – perché la donna gli si era avvicinata impugnando un oggetto. Anziché andarsene, lui ha deciso di sparare con la sua pistola: la deteneva regolarmente. Vivendo in una zona isolata temeva per la sua incolumità. L’ha rivolta contro una donna e ha premuto il grilletto. 

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«Ha confermato tutto e aggiunto alcuni particolari», ha detto il procuratore capo di Tempio, Gregorio Capasso, all’uscita del palazzo di giustizia. 

Il lavoro degli inquirenti però non è finito. All’appello mancano il cellulare della vittima, ma anche i vestiti che indossava la sera del delitto. E l’attenzione si è concentrata anche su eventi che sarebbero avvenuti un sabato dopo l’omicidio, quando nella casa e nel terreno di Conca Entosa, con Cinzia Pinna morta da tempo, sarebbero andate alcune persone le cui attività devono essere chiarite.    

L’AVVOCATO: LUI DISPIACIUTO PER LA VITTIMA E LA SUA FAMIGLIA

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