Sei focolai attivi accertati, con 1179 capi coinvolti,  59 contagiati e 6 morti. Finora. Ma si attendono i risultati degli esami condotti su altri otto allevamenti. E le speranze che siano negativi sono poche. Con altri casi che si potrebbero aggiungere a breve.  

Arrivano conferme su dati già emersi in mattinata (QUI LA NOTIZIA) dalla riunione convocata in Prefettura a Nuoro, con l’assessore alla Sanità Armando Bartolazzi presente, per affrontare l’emergenza della dermatite nodulare contagiosa, la peste dei bovini nota anche come Lumpy Skin Disease (Lsd) che rischia di far saltare un intero comparto dell’economia sarda. 

Due le le linee d’azione ipotizzate per carcere di arginare il dilagare del contagio:  vaccino subito, esteso a tutte le aziende presenti nelle aree a rischio,  e abbattimento selettivo limitato ai soli capi malati e altamente a rischio.

«Da quanto emerso ieri al Ministero», ha spiegato Bartolazzi, «il gene isolato è stato individuato ed è confermata la sua provenienza dall'Africa sub sahariana. In Sardegna è presente da circa tre mesi. Ad oggi, sono 6 i focolai confermati a Sarule, Orani, Orotelli, Bottidda, mentre 8 sono sospetti in via di accertamento da parte dei laboratori ufficiali». 

Una buona notizia, che però non lo è così tanto da evitare il blocco delle movimentazioni è che  «la mortalità  è limitata al momento allo 0,51%, con una morbilità (frequenza percentuale) del 5,26%. Si tratta di percentuali molto basse, dovute al fatto che la diffusione della malattia avviene non da animale ad animale ma per il tramite di un insetto vettore, presumibilmente una zecca».

L’assessore punta tutto sulle vaccinazioni. Ma bisogna affrontare il contingente, mentre il virus si sposta: l’idea è quella dell’abbattimento selettivo dei capi infetti  «e della contestuale vaccinazione seguita a quarantena rigida per gli altri animali presenti all'interno delle zone a rischio, compatibilmente con le deroghe ottenibili dalle normative vigenti».

In Lombardia ci sono andati giù duri: tutti i capi di un allevamento dove si è riscontrato un contagio – su un capo importato dalla Sardegna – sono stati sterminati. «Questo in Sardegna risulta più complicato per due ordini di motivi: la dispersività delle realtà aziendali, caratterizzate spesso da pascolo brado e da unità isolate biologicamente e fisicamente su grandi distanze, anche all'interno della stessa realtà aziendale; dall'altro le difficoltà tecniche dello smaltimento, data la mancanza nell'isola di strutture adeguatamente attrezzate», ha spiegato ancora Bartolazzi.
In caso di abbattimento a tappeto «occorrerebbe quindi individuare dei punti di conferimento fuori regione, prevedendo la stipula di convenzioni con altri territori, e con l'individuazione di rigidi protocolli per il trasferimento delle carcasse ai luoghi di smaltimento». E il costo sarebbe di 500 euro a capo. 

«Per questo»,  spiega l’assessore, «abbiamo chiesto a Roma e Bruxelles di poter andare in deroga rispetto ai protocolli standard e di poter procedere con un'attenta selezione delle azioni da compiere azienda per azienda con l'ausilio delle nostre unità veterinarie locali, sempre che le normative europee possano consentirlo». 

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