«A decorrere dal 25 dicembre 2025 devono ritenersi cessati gli incarichi dei commissari straordinari delle aziende del servizio sanitario regionale». La comunicazione è arrivata poco dopo le 21 di un sabato sera post natalizio. Mittente del documento inviato alle 8 Asl, alle Aou di Cagliari e Sassari, al Brotzu e all’Areus è Luciano Giovanni Oppo, direttore generale dell’assessorato regionale alla Sanità. 

Eccola, quindi, l’interpretazione ufficiale della Regione degli effetti della sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato la (non) riforma che aveva portato al commissariamento di tutti gli enti di governo della sanità della Sardegna: operazione illegittima, ha stabilito la Consulta. 

Ma adesso chi prende le decisioni e firma gli atti per far funzionare la complessa macchina della salute? Oppo offre la soluzione, spiegando che si tratta solo di applicare la legge. Ma quello della paralisi è più di un rischio. 

«La cessazione degli incarichi dei commissari determina la vacanza dell’ufficio di direttore generale delle Aziende e l’assenza del relativo legale rappresentante», si legge nella comunicazione, ma «in caso di vacanza dell’ufficio» del manager è previsto dalle norme «l’esercizio delle relative funzioni in regime di supplenza, al fine di garantire la continuità dell’azione amministrativa». E il supplente, stando a quanto scritto da Oppo, sarebbe «il direttore amministrativo o dal direttore sanitario» che deve esercitare «i poteri di ordinaria amministrazione», provvedere a emanare «gli atti urgenti e indifferibili» e «tutti gli atti necessari a garantire la continuità dei servizi e dei livelli essenziali di assistenza».  Il regime provvisorio, secondo quanto sostenuto dall’assessorato guidato ad interim da Alessandra Todde, «ha carattere strettamente temporaneo e permane fino all’insediamento del direttore generale secondo le procedure ordinarie previste dalla normativa vigente». 

E qui, stando a quanto circola insistentemente in telefonate e chat degli addetti ai lavori ai massimi livelli, sorgerebbero due ordini di problemi. 

Il primo: la Consulta non ha bocciato solo la defenestrazione dei direttori generali in carica e il commissariamento (deciso a marzo), ma anche il sistema di nomina del nuovi direttori amministrativi e sanitari (dopo la cacciata di quelli indicati dai Dg precedenti). Quindi: il “supplente” richiamato dall’assessorato rischia di essere “illegittimo”. Se da una parte c’è già chi, tra i chiamati in causa,  ha dichiarato «io non firmo niente», dall’altra c’è il principio della necessaria continuità amministrativa. Detto semplice: significa che qualcuno deve poter prendere delle decisioni. Sennò la sanità si blocca. 

Il secondo problema riguarda l’immediato futuro: chi saranno i direttori generali che verranno nominati «secondo le procedure previste dalla normativa vigente?». Quelli fatti fuori (in modo illegittimo) hanno già bussato per farsi reintegrare. Ma i loro incarichi erano stati affidati quando a Villa Devoto c’era Christian Solinas, hanno il marchio del centrodestra. E Pd e M5s, che non li rivorrebbero (non tutti, almeno),  già litigano su eventuali nuovi nomi. Se anche i partiti dell’attuale maggioranza dovessero trovare un accordo, si profilerebbe l’ipotesi – per niente remota – di ingenti richieste di risarcimento danni e di stipendi arretrati. Da parte dei Dg rimossi, ma anche dai loro direttori amministrativi e sanitari. Se non si trova un equilibrio il conto potrebbe essere milionario. E un’altra questione che circola è: chi pagherebbe?   

 

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