"Sono clinicamente guarito. Ora ci sono le ferite dell'anima da far cicatrizzare". Piange. "Quando ti dicono che non sta andando bene e ti comunicano che devono metterti il casco è come se la vita si fermasse. Quello è stato il momento peggiore".

Roberto Gallisai è uno dei sopravvissuti al Covid: 53 anni, geometra, moglie, due figli (Sara e Riccardo) e quindici giorni trascorsi nella stanza numero 5, terzo piano, reparto Infettivi del Santissima Annunziata di Sassari. Con la foto della famiglia sul comodino, e la parete grigia davanti agli occhi.

"A chi non crede, a chi minimizza e non usa la mascherina voglio raccontare cosa si prova sotto il casco". Febbre, malessere, dolori muscolari, ("ho pensato a una semplice influenza, ci ho sperato"), la chiamata al medico di famiglia, la Tachipirina, e la febbre che non passa. Seguita dal respiro che diventa sempre più faticoso.

Il 16 ottobre la corsa al Pronto soccorso, tac e verdetto: polmonite interstiziale da Covid. Dopo otto ore di attesa è lì, nella camera numero 5, al terzo piano degli Infettivi.

"Quindici giorni di preghiere, quattro trascorsi col casco, e quel rumore terribile e fisso, giorno e notte. Con gli occhi chiusi perché bruciavano e il terrore di non farcela, di non poter più rivedere la mia famiglia. Ho avuto paura, tanta paura".

L'intervista completa su L'Unione Sarda in edicola oggi.
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