inchiesta

Acqua, invasi semivuoti Allerta nel sud dell’Isola  

Scorte ridotte di un terzo, tagli alle irrigazioni Perra (ente di bonifica): «Agricoltura in ginocchio»  

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A un mese dall’inizio della stagione autunnale qualche pioggia è arrivata, praticamente acqua per i fiori visto che per riempire gli invasi servirebbero temporali buoni e cadenzati almeno per i prossimi due mesi. La Sardegna può contare su poco meno di un terzo delle scorte idriche, e se nella Nurra e nel Sassarese la grande sete dura da tempo, succede che per la prima volta da qualche anno anche il livello della diga Cantoniera sull’Omodeo – il vero polmone del sistema idrico regionale – è ben più che dimezzato, 187 milioni di metri cubi su una capienza di quasi 451 milioni (il 42%). Significa intanto che a breve – già a dicembre – sarà interrotto l’intervento di soccorso idrico per l’agricoltura del Campidano; mentre, se non arriveranno le piogge abbondanti e il livello degli invasi continuerà a scendere, si comincerà anche con le restrizioni per le utenze domestiche.

Bandierine arancioni

L’ultimo bollettino del Distretto idrografico (al 30 settembre) registrava nei bacini dell’Isola 716 milioni di metri cubi d’acqua, il 39% del volume autorizzato. Una situazione che nella mappa di monitoraggio viene registrata con le bandierine arancioni, quelle che decretano la condizione di pericolo, porta principale delle restrizioni idriche peraltro già avviate in diversi territori. In attesa del nuovo report generale di fine ottobre, la mappa aggiornata delle scorte idriche arriva dall’Enas – l’ente che governa ventotto della quarantina di infrastrutture idriche dell’Isola (le altre sono di Enel e qualcuna, come Olai e Govossai, di Abbanoa) – e conta appena 493 milioni di metri cubi d’acqua su un miliardo e 490 milioni di volume autorizzato, appunto un terzo della capienza. «Le prime piogge d’autunno hanno rinfrescato la terra riarsa dopo la lunga estate», sottolinea Roberto Meloni, dirigente del servizio dighe di Enas, «ma occorrerà arrivare ben oltre novembre, sempre che piova con una certa regolarità, per vedere l’acqua scorrere nei bacini».

Comparto sacrificato

Con un terzo delle risorse idriche a disposizione, la mannaia dei tagli piomba subito sull’agricoltura, il primo comparto a essere sacrificato. Nel sud dell’Isola, per la verità, i campi del Campidano, della Marmilla e della Trexenta fanno i conti con le restrizioni nell’assegnazione dell’acqua oramai da due anni, ma la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente visto che, a partire da dicembre, questi territori non potranno più contare sul milione di metri cubi alla settimana che dal Tirso – attraverso l’interconnessione della diga Cantoniera – Enas trasferisce al Flumendosa, e precisamente al piccolo invaso di Sa Forada, a Furtei, da dove partono le condotte di distribuzione per i consorzi di bonifica del sud della regione.

Il livello in discesa

Il problema è che oggi anche il grande polmone idrico della Sardegna non è in forma. L’ultimo bollettino di Enas registra nella diga Cantoniera sull’Omodeo 187 milioni di metri cubi d’acqua, appena il 42% della capienza. Un mese fa erano 198 milioni. Una diga che in questo periodo dovrebbe avere 300-350 milioni di metri cubi. Una situazione classificata come “pericolo”, sicché – se le piogge non arriveranno – scatterà lo stop al soccorso dato al Campidano, alla Marmilla e alla Trexenta. Il sud Sardegna potrà contare unicamente sulle modeste scorte idriche del sistema Flumendosa-Campidano-Cixerri. Oggi la riserva ammonta a 207 milioni di metri cubi, il 32% della capienza; un mese fa erano 223 milioni.

La stagione azzoppata

«Siamo molto preoccupati», dice Efisio Perra, presidente del consorzio di bonifica della Sardegna Meridionale. «Non abbiamo potuto dare avvio alla programmazione per le colture primaverili». Un problema enorme per il giardino dell’Isola. «Nel nostro comprensorio solo le filiere del carciofo e dell’ortofrutta coprono oltre 10mila ettari, e abbiamo anche l’unica agroindustria dell’Isola, quella del pomodoro. Con l’incertezza della programmazione, anche il prossimo anno sarà molto difficile poiché, oltretutto, non potremmo contare sulla quota idrica di soccorso».

I soldi sulla carta

Se il cielo non aiuta, bisogna far tesoro di quello che arriva. «È necessario migliorare le interconnessioni tra i bacini, puntare sul riutilizzo delle acque reflue, favorire la creazione di laghetti collinari, e fare i lavori di manutenzione delle condotte per ridurre le perdite», sottolinea Perra. «Programmi già sentiti? Il problema è passare all’azione. Sa quanto è stato disposto per il piano regionale di bonifica dall’ultima finanziaria? Otto milioni per il triennio, da dividere per tutti i consorzi. Ci sono state diverse emergenze, è vero, ma ci auguriamo che nel 2026 arrivino le risorse. Noi, intanto, per le manutenzioni della rete abbiamo aumentato l’importo da 2 a 3 milioni dal nostro bilancio gestionale». Ci dovrebbero essere anche i soldi del Fondo di sviluppo e coesione, annunciati in pompa magna un anno fa con la delibera che disponeva 150 milioni in totale per gli enti di bonifica. Per ora sono solo sulla carta, in attesa della firma delle convenzioni con la Regione.

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