L'arresto aggiuntivo di un mese di pesca nel Tirreno potrebbe bruciare 25-26 milioni di euro, escluso l'indotto.

Prosegue, infatti, a novembre lo stop dei pescherecci con sistemi da traino lungo le coste di Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna, in base a quanto disposto dal Masaf che ha previsto un fermo aggiuntivo di 30 giorni successivo a quello ordinario di ottobre.

Una decisione presa per recuperare lo sforamento dei giorni di pesca autorizzati e scongiurare una chiusura totale fino a fine anno, inizialmente proposta dalla Commissione Europea.

Le stime sono di Confcooperative Fedagripesca, secondo cui la pesca in tutto il Tirreno vale tra i 160 e i 230 milioni di euro l'anno.

Tra gli obiettivi principali della misura c'è la protezione del nasello, specie considerata dall'Ue in sovrasfruttamento nel bacino tirrenico, tra le più apprezzate con 7 italiani su 8 che lo consumano con regolarità, secondo un sondaggio Fedagripesca.

«Il lungo negoziato con Bruxelles, grazie all'intervento del Masaf ha evitato misure insostenibili - sottolinea Fedagripesca - ma ha imposto nuove rinunce anche alla pesca artigianale e ai palangari».

Infine viene lanciato un appello a Bruxelles «che valuti con maggiore attenzione le ricadute economiche e sociali delle proprie decisioni e che il Regolamento Feampa -Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l'acquacoltura - venga modificato per includere tutte le domande di demolizione ancora pendenti. Nell'immediato servono strumenti di sostegno economico per le cooperative che gestiscono mercati ittici e servizi agli armatori, due mesi senza reddito non sono sostenibili, e misure dedicate ai mestieri diversi dallo strascico, chiamati a condividere responsabilmente gli oneri della sostenibilità».

(Unioneonline/l.f.)

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