"Renna aggredisce Babbo Natale": un libro per Feste "bestiali"
Renna aggredisce Babbo Natale e altre storie di uomini e animali.
Questo il titolo di un divertente libro (Sironi, 2007, Euro 16, pagine 221) della giornalista Alice Andreoli. Al di là dell’immagine della renna ribelle che se la prende con il canuto vecchietto, il volume colpisce e fa riflettere sul fatto che, nelle leggende come nella realtà, la più popolare delle feste non sia proprio un lieto evento per gli animali.
Si ritrovano, infatti, a scorrazzare per il mondo trainando slitte stracolme o si devono dar da fare per accudire Gesù bambino nella famosa capanna. Oppure, più prosaicamente, sono protagonisti, loro malgrado, in cucina e in tavola. Le renne forse hanno qualche ragione di ribellarsi dato che hanno il loro bel da fare a tirare mentre Babbo Natale se ne sta comodo sulla slitta.
UNA FATICA "BESTIALE" - Inoltre per il buon Papà Natale sono previsti in ogni casa latte, biscotti e magari un “cordiale” per rianimarlo mentre le renne attendono al freddo, pronte a ripartire di corsa, cariche come muli – non a caso, una metafora animale.
E non sono le uniche “bestie” costrette a fare i turni doppi e tripli. Pensiamo anche al bue e all’asinello. Come testimonia ogni presepe che si rispetti, eccoli lì in quel di Betlemme mentre in piena notte gli tocca far da termosifone al piccolo Gesù che se la dorme beato e per di più nella loro mangiatoia. Cornuti e mazziati, si direbbe a Napoli.
Una giornata di duro lavoro, il bue nei campi, l’asino a portare da Nazareth a Betlemme la Sacra Famiglia e poi una bella notte in bianco e pure digiuno perché c’è un intruso che dorme nella mensa. Diciamolo: a Giuseppe e Maria è andata bene che due millenni fa non esisteva ancora la Protezione animali, anche perché, secondo alcune leggende, ci fu anche un altro caso di sfruttamento di lavoro “bestiale” nella capanna. Si racconta, infatti, che a controllare che non si spegnesse il fuoco quel 25 dicembre di 2017 anni fa non c’erano i novelli mamma e papà, ma un piccolo uccellino dal piumaggio marrone. Il pennuto passò tutta la notte a sbattere furiosamente le ali per ravvivare i tizzoni del focolare ed evitare così che il nuovo nato prendesse freddo. Al mattino l’uccellino era più morto che vivo e con il petto di un bel rosso vivo da ustione che fece sì che da allora lui e quelli come lui venissero chiamati “pettirosso”. Certo, altre fonti dicono che il petto rubicondo sia stato un premio divino per la passione amorosa mostrata nei confronti di Gesù, ma sinceramente la tesi dell’ustione convince maggiormente...
REQUIEM PER CAPPONI - Se poi dalla tradizione e dalle leggende ci spostiamo alla gastronomia abbiamo la prova provata che a Natale conviene più ancora che in altri giorni far parte della conventicola dell’Homo sapiens. E anche tra tavola e cucina ci sono casi che definiremmo “umani” se non stessimo parlando di animali. Per esempio, il capitone, cioè l’anguilla femmina: viene allevata apposta perché diventi bella grossa, le impediscono persino di riprodursi perché non sprechi energie e si impingui, le affibbiano un nome che non è certo un complimento (“testone” in vernacolo partenopeo) e tutto perché qualcuno ha detto che più il capitone che si mangia a Natale è grosso, più porta fortuna.
La palma della sfiga però non può sfuggire al cappone che prima, “zac!”, viene privato dei gioielli di famiglia, quindi viene costretto a una vita da eunuco in un pollaio ridotto ad harem per l’unico gallo e quando è bello pieno e morbido finisce in forno, per di più ripieno. Se non è accanimento questo…
Ecco, dopo quello che ho detto, non mi sono stupito di scoprire un’ultima leggenda legata al Natale e agli animali.
MAGICA FAVELLA - Una storia che racconta di come allo scoccare della mezzanotte tra il 24 e il 25 dicembre, gli animali – soprattutto quelli delle fattorie - acquistino meravigliosamente il dono della parola. Allora le bestie possono parlare tra loro, scambiarsi segreti sui loro padroni umani, ma guai ad ascoltarli di nascosto! Secondo la leggenda si rischia di attirare su di sé la sfortuna o la cecità! Insomma a Natale anche per gli animali c’è (forse) l’occasione di una piccola rivincita.