Nikolaj Vasil'evič Gogol' (1809-1852) è considerato il padre della grande letteratura russa dell’Ottocento. “Poeta del reale”, come venne definito già dai suoi contemporanei, nei suoi racconti e romanzi è maestro nel descrivere con toni ora ironici, ora disincantati, grotteschi o drammatici la società del suo tempo, una società statica, ipocrita e attraversata da profonde diseguaglianze. Il grande sogno di Gogol' era però di dare vita a un grande poema direttamente ispirato alla Divina commedia di Dante, ma che raccontasse la Russia del primo Ottocento, quella che il grande scrittore vedeva scorrere davanti ai suoi occhi. Così, nel poema gogoliano alla prima parte, in cui si raccontava la miseria vissuta da tanti nel presente, dovevano seguirne una seconda dove l'uomo avrebbe potuto salvarsi grazie all'amore del prossimo e una terza dove avrebbe trionfato il bene. Inferno, Purgatorio e Paradiso, insomma, anche se immersi in una realtà ben diversa da quella dantesca.

Il grande progetto non arrivò mai a compimento e Gogol' riuscì a dare alle stampe nel 1842 solo la prima parte della sua opera, una prima parte che è però uno dei maggiori capolavori della letteratura di ogni tempo. Parliamo di Anime morte, ora disponibile in audiolibro (Emons, 2021, Euro 16,90. Anche scaricabile in Mp3) nella splendida lettura dell’attrice Anna Bonaiuto. In Anime morte si narra una vicenda surreale e grottesca, ma allo stesso tempo per nulla impossibile nella Russia zarista. Un oscuro funzionario, Pavel Ivanovič Čičikov, elabora, infatti, un piano furfantesco pur di elevare il proprio status sociale. Decide di recarsi in una oscura provincia del grande impero russo e di acquistare da alcuni nobili e proprietari terrieri a poco prezzo delle “anime morte”, ossia i servi della gleba deceduti dopo l'ultimo censimento e considerati ancora vivi ai fini fiscali fino al successivo controllo censitario. Aristocratici e affini sono ben felici di cedere le “anime” dei loro servi così da pagare meno tasse mentre Čičikov può affermare a buon diritto, con tanto di documenti firmati e controfirmarti, di avere molte persone alle proprie dipendenze - per quanto morte e sepolte - cosa che gli può consentire di essere considerato un personaggio di rilievo e ottenere a condizioni favorevoli terre.

La trama dell’opera gogoliana è sufficiente per farci capire la genialità di Gogol' nel mettere alla berlina le strutture e le norme sociali del suo tempo e le insensatezze della burocrazia russa. Il libro però colpisce soprattutto per l’incredibile carrellata di incontri di Čičikov con personaggi indimenticabili nella loro meschinità, grettezza, insulsaggine: aristocratici e gente “di peso” che si dimostra così abituata all’apatia totale e al “dolce far niente” da essere totalmente aliena a ogni tipo di realtà. Questa estraneità li porta a considerare assolutamente normale che un funzionario vada a domandare di poter acquistare i diritti di proprietà su contadini che non esistono più. E la stessa estraneità li conduce a considerare la massa di persone al loro servizio come semplici strumenti del loro benessere.

Quella di Gogol’ è quindi una satira ferocissima di un mondo in cui la disuguaglianza e lo sfruttamento erano la regola, una satira che si dipana, alla maniera di Dante, di girone infernale in girone mostrando tutti i vizi peggiori dell’essere umano: la dissolutezza, l’accidia, l’avarizia e ogni altra grettezza.

Insomma, Anime morte è un viaggio nei labirinti più oscuri dell’uomo e lo svelamento di tutto il dolore che può attraversare l’esistenza umana. “Com'è triste la nostra Russia!” esclamò Puškin quando Gogol’ gli lesse le prime pagine dell'opera ed è difficile dargli torto. La speranza è però suggerita dallo stesso autore nelle pagine del libro, quando più volte invita il lettore a non considerarsi tanto superiore a Čičikov, a non considerarlo estraneo all’umanità o peggio disumano. Čičikov ci parla e ci colpisce perché racconta una parte di noi e della nostra limitatezza. Non dobbiamo allora aver paura di questo lato oscuro se vogliamo procedere nel nostro cammino, lasciare l’Inferno, attraversare il Purgatorio e trovare il Paradiso: “Voi temete lo sguardo che scruta in profondità, voi stessi avete timore di puntare uno sguardo profondo su qualcosa, amate sfiorare tutto con occhi distratti. (…) E chi di voi, pieno di umiltà cristiana, non a voce alta ma in silenzio, in solitudine, negli attimi dei colloqui solitari con sé stesso, affonderà nell’interno dell’anima sua un grave interrogativo: “Ma non c’è forse, anche in me, una qualche parte di Čičikov?” scrive non a caso Gogol’ ed è un chiaro invito a farci un esame di coscienza prima di giudicare gli altri o, peggio, e porci su un piedistallo.

La copertina del libro
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