Da una parte il pubblico ministero Giangiacomo Pilia che ha sollecitato il rinvio a giudizio per corruzione di tutti gli imputati, compreso l’ex governatore Christian Solinas. Dall’altra le difese dell’ex presidente della Regione che, con una consulenza di parte depositata ieri, hanno contestato radicalmente le conclusioni dell’esperta della Procura: l’immobile venduto dal numero uno del Psd’Az all’imprenditore Roberto Zedda per 550mila euro (dei quali 375mila versati) non varrebbe i 72mila che ipotizzano gli inquirenti, ma almeno 530mila euro. In sintesi, in quella vendita non sarebbe stata una tangente nascosta per ottenere la disponibilità su appalti e una fornitura di termoscanner alla Regione. In mezzo il Gup del Tribunale di Cagliari, Giorgio Altieri, che – visto l’enorme differenza di valutazione – si è riservato di nominare un perito per stabilire quanto realmente valga quella proprietà di Capoterra (i resti di un ex monastero) finita al centro dell’inchiesta.

L’udienza

Nessuno dei sette indagati ha scelto riti alternativi, dunque spetterà al giudice Altieri il compito di decidere se verrà celebrato un dibattimento. Tornando in aula, ieri mattina, il Gup ha rigettato tutte le eccezioni preliminari presentate dai difensori nell’udienza precedente, dando la parola al pm Pilia che ha rinnovato le richieste di rinvio a giudizio per tutti, dopo l’indagine aperta nel 2023. La vicenda ruota attorno alla compravendita della proprietà di Solinas a Capoterra, acquistata dall’imprenditore Roberto Zedda, e sulla nomina di Roberto Raimondi alla direzione generale dell’autorità di gestione del programma Eni-Cbc bacino del Mediterraneo. Con loro sono finiti sotto inchiesta anche il commercialista Aldo Cadau, all’epoca dei fatti commissario della Zes (Zona economica speciale) e la moglie di Raimondi, Melissa Mencarelli, sospettati di turbata libertà degli incanti. Il pm ritiene che sia stato manipolato un bando per il reclutamento di un esperto da assumere alla Zes, inserendo requisiti che avrebbero agevolato la donna. Chiesto il rinvio a giudizio anche per Roberto Zedda e per l’ex consigliere regionale Nanni Lancioni (che avrebbe fatto da intermediario) per la vendita dell’ex monastero in cambio, stando all’imputazione, ad una fornitura di termoscanner in Regione. C’è poi il sospettato che l’ex presidente abbia agevolato la nomina di Raimondi in cambio della promessa di una laurea ad honorem a Tirana e di corsi universitari con la complicità del consulente Christian Stevelli, del rettore albanese Arben Gjata e di Algonso Lovito (E-Campus). Su quest’ultima imputazione ieri hanno discusso tutti i difensori (gli avvocati Salvatore Casula, Alessandro Gentiloni Silveri, Francesco Marongiu, Rita Dedola, Guido e Federico Manca Bitti, Valerio Pirisi, Gianluca Aleppi e Alfredo Diana), mentre il 30 gennaio si tornerà in aula per la contestazione legata alla vendita dell’immobile.

La consulenza

Ma ieri sono state depositate anche due consulenze dagli avvocati di Solinas che certificano il valore del bene venduto in almeno 530mila euro, facendo così venire meno l’ipotesi della Procura che ci fosse una tangente nascosta. Vista l’enorme differenza di valutazione tra accusa e difese, il Gup potrebbe decidere di nominare un perito di fiducia del Tribunale.

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