L'ingegnere De Nardo le è sempre stato vicino, dopo che sua figlia ha distrutto ciò che aveva di più caro: sua moglie, Susy Cassini e suo figlio Gianluca, di soli undici anni, che Erika e l'allora fidanzato Omar Favaro, entrambi minorenni, avevano massacrato a coltellate. Per Erika, giubbetto fucsia, jeans, un filo di trucco, capelli raccolti a coda, la libertà è tornata in mattinata: a bordo di un Suv alla cui guida c'era uno dei responsabili delle comunità Exodus, Giovanni Mazzi, nipote di don Antonio, ha lasciato la struttura di Sedena di Lonato, dove è stata negli ultimi mesi, dopo il carcere minorile Beccaria di Milano e quella per adulti a Verziano, alle porte di Brescia. Erika ha raggiunto il padre Francesco, in un'altra struttura di Exodus, hanno parlato per alcune ore e la ragazza a chi l'ha accompagnata è apparsa tranquilla. Poi, è tornata a Sedena di Lonato, dove vuole restare per occuparsi di volontariato. "Farà comunità e per parecchio tempo - spiega Giovanni Mazzi - come lei ha chiesto". Andrà all'estero per lavorare in altre comunità? "Non sono cose che si preparano tra l'oggi e il domani", smorza gli entusiasmi l'educatore il quale aggiunge: "Un conto è la liberta che si raggiunge espiando la pena; un conto è il lavoro interiore e quello è molto più difficile: avrà bisogno di tempo". "Ha bisogno di fare un passo alla volta - prosegue - di prendere in mano seriamente la sua vita, perché quello che ha fatto è terribile e non dobbiamo mai dimenticarlo. Lei non se lo può dimenticare e prima di tutto avrà bisogno di ricostruire se stessa, che è quello che don Antonio le chiede: guardati dentro". Omar disse che la prima cosa che avrebbe voluto fare una volta libero era vedere il mare.... "Qui Erika vedrà le colline, gli alberi, i cavalli, lavorerà e non deve rompere le scatole. Questo è quello che diciamo noi ai nostri ragazzi...".
© Riproduzione riservata