Doveva essere l’occasione dei chiarimenti e delle rassicurazioni, con i sindaci chiamati a raccolta dalla Regione per fare il punto sulle aree idonee. Invece prima a Sassari e poi a Olbia è finita che Alessandra Todde – accompagnata dagli assessori Francesco Spanedda (Urbanistica) ed Emanuele Cani (Industria) – ha promesso ma non convinto. «I 6,2 gigawatt da installare da qui al 2023 sono una proposta irricevibile, pur nella versione edulcorata che veicola la Giunta quando assicura tutela dell’ambiente e salvaguardia del paesaggio», tuona il fronte del “no” delle fasce tricolori.

Già, la narrazione fatta dalla Giunta è uno degli elementi che più ha colpito i sindaci. A Sassari, Spanedda ha persino invitato i primi cittadini «a non chiamarle aree idonee», perché sarebbe riduttivo, visto che il Piano regionale prevederà pure quelle «ordinarie e vincolate». E se Todde ha parlato di «discussione bellissima» e detto che «la Sardegna non verrà più calpestata», Cani ha rincarato la dose della rassicurazione etichettando «i rappresentanti locali come protagonisti del futuro energetico».

Sui vertici tra Regione e Comuni si accendono i fari accesi dei Comitati. «I sindaci sardi dovrebbero essere sentinelle a protezione delle proprie comunità e non podestà a rappresentanza di interessi esterni», dice Cristiano Sabino, di Sa Domu de Tottus. Anche Maria Grazia Demontis, dalla Gallura, punta il dito contro «gli amministratori locali che non si oppongono alla devastazione, perché non stanno facendo gli interessi dei sardi».

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