Fra le interpreti che hanno dato lustro al panorama cinematografico e televisivo degli ultimi anni, la britannica Olivia Colman occupa una posizione di spicco. Dopo essersi guadagnata la notorietà internazionale col premio Oscar per la migliore attrice protagonista, grazie alla toccante interpretazione vista ne “La Favorita” di Yorgos Lanthimos, la carriera dell’attrice ha compiuto un balzo significativo dando il via a una lunga serie di collaborazioni ed altrettanti riconoscimenti: tra la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile a Venezia, ben tre Golden Globe ed altri tre premi BAFTA. Ad averla resa ulteriormente nota fra il grande pubblico è la sua apparizione nella serie televisiva Netflix “The Crown”, che per la terza e quarta stagione l’ha vista impegnata nei panni della regina Elisabetta II, aggiudicandosi per il ruolo il suo terzo Golden Globe come miglior attrice in una serie drammatica e il premio Emmy nella stessa categoria. Ma la visibilità di cui oggi può godere la diva ha dato peso alla sua influenza mediatica aldilà degli appuntamenti sul set: in particolare, Colman ha recentemente reso note le sue posizioni in materia di etica del lavoro, allineandosi al disappunto di molte sue colleghe rispetto alle politiche hollywoodiane perpetrate a danno della categoria femminile.

Sull’argomento, Colman ha espresso le proprie considerazioni in un’intervista rilasciata alla CNN, affermando - senza mezze misure - che se fosse stata un’interprete di genere maschile, nel mondo hollywoodiano avrebbe guadagnato «un “casino” in più». Approfondendo ulteriormente il tema, ha aggiunto: «Non fatemi iniziare a parlare della disparità di retribuzione...gli attori maschi vengono pagati di più perché si diceva che attirassero il pubblico, e in realtà questo non è più vero da decenni, ma a loro piace ancora usarlo come motivo per non pagare le donne quanto i loro colleghi maschi». Da queste posizioni, l’intervistatore ha voluto insistere sulla questione domandando se anch’essa, nel corso della carriera, avesse riscontrato simili ingiustizie. Colman replica affermando: «Sono molto consapevole che se fossi Oliver Colman, guadagnerei un casino di più di quanto guadagno. Per quello che ne so la disparità salariale si aggira intorno al 12% di differenza».

Sulla stessa linea, la star Taraji P. Henson, apparsa di recente nel film-music musical “Il Colore Viola”, si è confessata apertamente al The Hollywood Reporter affermando di ritenere inspiegabilmente basso il compenso che percepisce generalmente per gli impegni sul set: «Sono stata pagata e ho lottato con le unghie e con i denti ad ogni progetto per ottenere lo stesso dannato compenso preventivo ed è uno schiaffo in faccia quando la gente dice: oh ragazza, lavori sempre, lavori sempre. Beh, dannazione, devo farlo. Non è perché vorrei poter fare due film all'anno e basta. Devo lavorare perché i conti non tornano. E ho le bollette». Ed entrando ancor più nel dettaglio, ha sostenuto che: «Lo faccio da due decenni, e a volte mi stanco di lottare perché so che quello che faccio è più grande di me. So che l'eredità che lascio influenzerà qualcuno che verrà dopo di me. La mia preghiera è che in futuro le attrici nere non debbano affrontare le stesse lotte che abbiamo affrontato io, Viola Davis e Octavia Spencer. Altrimenti, perché lo faccio? Per la mia vanità? Ho provato due volte ad andarmene dal mondo dello spettacolo. Ma non posso, perché se lo faccio, come posso aiutare quelli che arrivano dopo di me?».

Ma tornando a Colman, ribattendo sul tema delle retribuzioni in un’ottica del tutto differente, l’attrice ha da poco condiviso le proprie impressioni per la scena tagliata da “Barbie” in cui sarebbe dovuta comparire con un piccolo ruolo. A conti fatti, constatiamo che la scoperta non le avrebbe arrecato alcun dispiacere, avendo ugualmente ricevuto una paga per la sua partecipazione: «Aveva perfettamente senso (tagliare la scena) perché non aggiungeva nulla alla storia, era semplicemente divertente. Forse stavano andando oltre la durata prevista, non lo so. Ma è stato perfetto per me perché sono stata pagata per il lavoro e nessuno ha potuto dire che facevo schifo in quella scena».

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