Mao Tse-Tung glielo ha lasciato scritto come un testamento: “non importa di che colore sia il gatto, l’importante è che prenda il topo”. Lo sguardo di Lin Wu, Capo supremo del partito comunista dello Shandong, una provincia costiera cinese da cento milioni di abitanti, è sornione quando varca la soglia della prima fabbrica al mondo di pannelli fotovoltaici.

Il “cinese” sa tutto

Lui, Capo di partito e Capo di Stato, sa già tutto. In Europa, alla faccia della “Via della Seta”, cancellata con un colpo di spugna per volere del Capo della Casa Bianca, il colosso dei pannelli solari, “Chint”, vera e propria sezione comunista in terra di Cina, ha segnato un blitz senza precedenti. Passando dalla Spagna, interregno fotovoltaico in Occidente, i vertici della multinazionale cinese hanno messo sotto scacco il governo italiano, quello sardo e persino quello europeo. Un’operazione da “mani sulla Sardegna” calata con un clamoroso silenzio d’ordinanza, vista l’entità e l’approccio degli uomini del Partito Comunista cinese in terra di Nurra, avamposto agricolo del nord Sardegna, a ridosso del disastro industriale di Porto Torres e della capitale del “Capo di Sopra”.

Nuova era, orientale

Quando la Camera di Commercio di Milano riceve il primo atto ufficiale della compravendita è la vigilia della Liberazione, quella antifascista. Per la Sardegna, invece, è l’inizio di una nuova era, per non usare l’enfatico termine di una nuova “dominazione”, questa volta cinese. Sino ad oggi niente aveva fatto presagire un assalto “orientale” di tale portata. Di certo quello pianificato nel cuore della Nurra era un vero e proprio sacrilegio in chiave spagnola, con un piano di devastazione di terreni agricoli, sovraccarichi di emergenze nuragico-archeologiche, che non aveva precedenti, per estensione e rilevanza.

Quesiti pesanti

Questa volta non c’è stato nemmeno il tempo di attendere l’eventuale approvazione di quel progetto da quasi mille ettari di pannelli fotovoltaici da “spiaccicare” sulle colline verdeggianti di un orizzonte che va dal punto più estremo verso il mare, quello della frazione di Palmadula, sino a ridosso della borgata di San Giorgio, all’ingresso di Sassari, per formare un triangolo verso Scala Erre, tra Porto Torres e la zona industriale. Un vero e proprio assalto alle aree agricole dell’Isola, con un piano che aveva tutti i connotati della sfrontatezza “straniera” e la complicità di “basisti” locali e italiani, capaci di svendere per un mazzo di euro il futuro della propria terra a speculatori senza scrupoli, pronti ad incassare miliardi di euro di incentivi per disseminare “silicio” in lungo e in largo. Sino ad oggi si era visto di tutto, con un fronte europeo e occidentale incontrastato nella speculazione più spinta, dall’eolico al fotovoltaico. Dagli spagnoli ai norvegesi, dai tedeschi agli americani. Fondi finanziari e multinazionali del vento e del sole, tutti pronti a “giocare” e scommettere nelle Borse di mezzo mondo, puntando a guadagni stratosferici, con azzardi finanziari e sicure prebende di Stato erogate a piene mani per foraggiare il sistema perverso delle rinnovabili. La missione sarda dei nipotini “maoisti” doveva restare preclusa ai più, tenuta sotto traccia per non accendere i riflettori su una domanda incombente: chi ha garantito ai cinesi che quel progetto così devastante per la Sardegna e la Nurra verrà effettivamente approvato? Chi ha dato garanzie ai cinesi rispetto ad un piano così invasivo come quello presentato dagli spagnoli al Ministero dell’Ambiente il 12 dicembre dello scorso anno? Quesiti pesanti che rimbalzano sui tavoli ministeriali e non solo, a conferma che plusvalenze e affari si misurano ormai a suon di autorizzazioni e conseguenti speculazioni. Basterebbe prendere gli atti notarili che hanno preceduto questa compravendita ispanico-cinese per capire come funzionano i meccanismi di queste operazioni.Si dovrebbe risalire all’assemblea dei soci che il 12 gennaio del 2022 a Santa Cruz di Tenerife, ha portato una modesta “srl” da diecimila euro ad una compagine da oltre 18 milioni di euro di capitale. Un’operazione tutta spagnola, tranne una dama cinese, sconosciuta e misteriosa. Lei, Lindan Qi Zhou, in quell’assemblea, di cui disponiamo dei verbali, veniva nominata “consigliera indipendente”. Un segnale, anch’esso, che doveva restare segreto.

L’inizio della scalata

L’operazione cinese in terra di Nurra, quindi, non è un caso. Negli atti in nostro possesso si configura un vero e proprio piano spagnolo per cedere alla Cina gran parte delle operazioni messe in campo in Sardegna. Altri progetti già presentati sono stati già opzionati dai cinesi. “Enerside”, la società spagnola di cui ci eravamo occupati all’inizio dell’anno proprio per quel progetto di devastazione della Nurra, ha ricevuto dai cinesi, due giorni fa, non appena è stato annunciato il “clousing”, ben 7,2 milioni di euro per il progetto e, secondo nostre fonti, continuerà a ricevere pagamenti per la transazione man mano che il progetto andrà avanti, fino alla data di “Ready to Build”, ovvero l’approvazione finale di Stato e regione, stimata «per la fine del 2025». La multinazionale spagnola Enerside Group nella giornata di ieri ha formalizzato in una comunicazione al “Bme Growth”, la borsa spagnola, la vendita del progetto Palmadula in Italia a “Chint Solar Europe”, succursale europea della multinazionale cinese “Chint”. Un pacchetto fotovoltaico da 360 megawatt e 40 megawatt di batterie di accumulo, anch’esse rigorosamente cinesi.

“Nipotini” di Mao

Un affare ciclopico: i “nipotini comunisti” di Mao incasserebbero da questa operazione ben 107 milioni di euro l’anno, con una proiezione ad almeno vent'anni che farebbe salire l’incasso a due miliardi e 148 milioni di euro. Ultimo dettaglio: la “Chint”, la fabbrica cinese di pannelli fotovoltaici, dal 1995 è «sezione generale del partito cinese» e dal 1998 «un comitato del partito». Nel suo curriculum si può leggere: ha vinto riconoscimenti statali come "Organizzazione nazionale avanzata del partito di base" e risulta tra "Le migliori 100 organizzazioni nazionali di partito nelle imprese non pubbliche". Il moto aziendale è clonato dal “vangelo” di Mao: «Migliorare le capacità di servizio, rafforzare la coesione, aumentare la produttività e promuovere lo sviluppo di alta qualità delle imprese». Tutto questo con i soldi delle bollette “stellari” dei cittadini sardi, con lo sfregio delle terre agricole della Nurra e della Sardegna, con la devastazione del paesaggio sardo.

© Riproduzione riservata