Una condanna a 24 anni. È la richiesta da parte della pm Sara Ghiani per Giorgio Meneghel, l’agricoltore 54enne di Zeddiani che all’alba del 5 febbraio di un anno fa uccise a martellate la moglie Daniela Cadeddu, 51enne originaria di Cabras.

Davanti alla Corte d’Assise, presieduta dal giudice Giovanni Massidda (a latere Stefania Selis), la pm ha chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche in misura equivalente rispetto all’aggravante contestata per il legame coniugale. Anche il pubblico ministero ha evidenziato il periodo di sofferenza che viveva l’agricoltore, il suo comportamento processuale e l’atteggiamento da subito collaborativo.

La parte civile, rappresentata dall’avvocato Vito Zotti (che tutela la mamma, un fratello e una sorella della vittima), ha chiesto un risarcimento di 168mila euro per la madre, 70mila a ciascun fratello e una provvisionale di 100mila euro per la mamma, di 40mila per i fratelli.

La difesa di Meneghel, con l’avvocata Francesca Accardi, ha insistito sul riconoscimento (almeno parziale) di un vizio di mente anche alla luce delle perizie del consulente. Inoltre ha sollecitato il riconoscimento delle attenuanti generiche in misura prevalente (in subordine equivalente) rispetto all’aggravante e ha lasciato alla Corte la definizione della pena.

La tragedia era avvenuta il 5 febbraio 2022. La donna dormiva nel suo letto, nella casa di via Roma, quando Meneghel la colpì tre volte alla testa con un martello. Poi chiamò i carabinieri raccontando di aver ucciso la moglie. Meneghel ha sempre ammesso le proprie responsabilità, consapevole dell’atrocità commessa che per lui era «l’unica via d’uscita». Finora non è emerso un movente chiaro, Meneghel ha sempre parlato di un momento difficile fra problemi economici e di salute (suoi e della moglie) con la paura di non poter più andare avanti. 

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