Anche la Sardegna in piazza con cinque manifestazioni per la sicurezza nei posti di lavoro e contro le morti bianche. E uno sciopero, come nel resto d'Italia, di quattro ore dei settori privati e otto del comparto edile.

La mobilitazione, già programmata da Cgil e Uil da diverse settimane, arriva a due giorni dal disastro della centrale idroelettrica di Suviana, in Emilia Romagna.

I segretari regionali Fausto Durante (Cgil) e Francesca Ticca (Uil) hanno partecipato ai presìdi organizzati a Sassari, in piazza Caduti del Lavoro, e a Nuoro ribadendo le ragioni della protesta ai prefetti delle due città.

Altri due sit in sit-in a Cagliari, in piazza Palazzo, e a Oristano, in Via Beatrice D'Arborea.

A Portoscuso, nel polo industriale del Sulcis, nel piazzale davanti alla centrale Enel Grazia Deledda bandiere listate a lutto, slogan ("Zero morti sul lavoro") e striscioni. Ma soprattutto sono stati portati all'attenzione delle prefetture gli ultimi dati sugli incidenti sul lavoro in Sardegna.

Aumentano le denunce di infortunio e sono già quattro i lavoratori morti sul lavoro nell'isola nei primi mesi di quest'anno, tre a Cagliari e uno a Sassari. Già uno in più del 2023.

Nel solo mese di febbraio si registra +17,6% di infortuni denunciati all'Inail (erano 710 a febbraio 2023, sono 835 quest'anno ), +6% nel dato relativo al bimestre gennaio-febbraio, in cui si contano in tutto 1746 denunce (erano 1650 nel primo bimestre del 2023).

«Ogni giorno tre persone non tornano a casa dal lavoro - ha detto Durante a Sassari - e non succede niente. Noi dobbiamo ribellarci a questa apatia. Punto uno: è arrivato il momento di introdurre in Italia il reato di omicidio sul lavoro».

«Impensabile - ha detto Simona Fanzecco, Cgil, dopo la consegna del documento in prefettura - che non si abbia più la certezza di tornare a casa dopo il lavoro».

Guido Sarritzu, segretario regionale Uil Sardegna, mette l’accento sui motivi della protesta, che sono sostanzialmente tre: «La prima richiesta è “zero morti sul lavoro”. La seconda è una giusta riforma fiscale, perché lavoratori dipendenti e pensionati pagano oltre il 90% del gettito Irpef, mentre altre categorie economiche continuano a non pagare fino al 70% delle imposte dovute».

Guido Sarritzu
Guido Sarritzu
Guido Sarritzu

«La nostra terza richiesta – conclude Sarritzu – è, infine, rimettere al centro delle politiche economiche e sociali del governo e delle imprese il valore del lavoro, a partire dal rinnovo dei contratti nazionali e da una legge sulla rappresentanza». 

(Unioneonline/l.f.)

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