Sono le 9:20 del 12 marzo del 1992 quando il parlamentare democristiano Salvo Lima, uscendo dalla sua villa a Mondello, sale in macchina con due amici (Alfredo Li Vecchi, professore universitario, e Nando Liggio, assessore provinciale al Patrimonio) per andare all'hotel Palace, dove doveva tenersi un convegno a cui doveva partecipare anche Giulio Andreotti.

Due uomini con giubbotti e caschi integrali, a bordo di una moto di grossa cilindrata, si avvicinano all'auto: uno dei due alza il braccio, spara contro il finestrino.

Li Vecchi e Liggio, terrorizzati, fanno fatica a capire cosa sta succedendo. Lima no: li vede avvicinarsi, inesorabili. "Tornano, Madonna santa, tornano", dice e, sapendo che sono lì per lui, esce dall'auto, comincia a correre a fatica. Una fuga che durerà poco. Un colpo, due colpi, tre colpi: Lima stramazza al suolo, in una pozza di sangue.

L'assassinio di Salvo Lima - più che assassinio, una vera esecuzione - apre una nuova drammatica stagione di sangue nel nostro Paese. Dopo la sentenza di poco meno di due mesi prima, con cui la Corte d'Assise d'Appello aveva confermato nel maxi processo le condanne di tutti i più importanti boss di Cosa Nostra, Lima, l'"amico" che non era riuscito a ottenere molto, è il primo a pagare.

(Unioneonline/D)

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