Ripeteva sempre come un mantra «fate attenzione qui mi raccomando, ascoltate questo che è importante» richiamando la massima concentrazione dei visitatori quando conduceva una visita guidata nel Museo etnografico lussurgese, che aveva contribuito a creare nel 1976. Il maestro Francesco Antonio Salis appassionava e coinvolgeva con i suoi racconti museali, ricchi di informazioni e aneddoti sull’epopea contadina lussurgese, con quel suo candore, la sua bontà e la fronte rigorosamente sudata.

I lussurgesi lo chiamavano Su Mastru per antonomasia, educatore di bambini e adulti, una persona buona che riusciva a far breccia nel cuore dei suoi concittadini e a conquistarne la fiducia, grazie alla sua empatia innata.  

Viene celebrato a cento anni dalla sua nascita dai lussurgesi che ne serbano un ricordo personale custodito gelosamente: per la sua bonomia, la simpatia, la vivacità e attenzione alle classi subalterne era “un maestro di vita”.

Francesco Antonio Salis (foto Pintus)
Francesco Antonio Salis (foto Pintus)
Francesco Antonio Salis (foto Pintus)

«Salis vedeva i suoi alunni come soggetti attivi in cui stimolare osservazioni, domande, curiosità e interessi attraverso esperienze concrete. Usava il suo tratto di ironia spontanea, “faceva le imitazioni”, e la sua creatività, attraverso i disegni, i bozzetti, piccoli ritratti, per entrare in contatto e catturare spontaneamente la simpatia dei bambini», ricorda Francesco Porcu, maestro in pensione, e uno dei primi collaboratori del Centro di Cultura Popolare UNLA, dove Salis dagli anni ’50 in poi ha alfabetizzato migliaia di persone, formandole alla vita.

Proprio per questa sua appassionante esperienza di educazione permanente aveva vinto il premio Unesco Reza Pahlavi nel 1967. A su Mastru lo scrittore oristanese, di origini ghilarzesi, Antonio Pinna ha dedicato la sua ultima fatica letteraria “Francesco Salis. Un maestro per la comunità”, un viaggio nell’affascinante vita, a iniziare dagli anni duri del dopoguerra dove ha combattuto l’analfabetismo educando pastori, contadini, artigiani, massaie, mutuando il suo modello di educazione dalla pedagogista Anna Lorenzetto. «Il libro mette in evidenza la sua figura carismatica e innovatrice di animatore culturale e sociale che si è curato della coesione e della solidarietà nel suo paese e, in stretto collegamento con l’UNLA, ne ha guidato la promozione civica. Con il progetto OECE-Sardegna (1958-62) invece ha stimolato lo sviluppo della comunità, partecipando alla creazione della prima società cooperativa di tessitrici in Sardegna e di altre cooperative», sottolinea Pinna. 

Due giornate di celebrazioni: alla mirabile figura de su Mastru, il Centro di Cultura lussurgese per l’Educazione Permanente UNLA ha dedicato due giornate di studio sabato 30 settembre e domenica 1 ottobre. Sabato 30  il tema è “Il Centro di Cultura e il suo ruolo in una comunità in continua trasformazione”, dalle 9,30 alle 18 nel salone del Centro. Mentre domenica 1 si parlerà de “Il museo luogo di conservazione di oggetti e luogo di partecipazione”, dalle 9,30 alle 12,30. Importanti studiosi, insegnanti ed educatori, operatori culturali e museali, che hanno conosciuto e collaborato con su Mastru, daranno il loro contributo per commemorarne la figura di intellettuale ed educatore: da Felice Tiragallo dell’Università di Cagliari a Marco Mulas dell’Isre, da Alessandra Broccolini della Simbdea a Monica Stochino della Soprintendenza, dal sociologo Alberto Merler all’antropologo Bachisio Bandinu. E ancora la figlia Mimi Salis, Marcello Marras direttore dell’Unla di Oristano, Maria Arca del Centro di Cultura, Andrea Biancareddu assessore regionale all’Istruzione, Vitaliano Gemelli presidente dell’UNLA, il maestro Francesco Porcu e Antonio Bellinzas collaboratori del Centro di Cultura, dunque il giornalista Giacomo Mameli. Il coro Su Cuncordu ‘e su Rosariu, di cui Salis è stato pigmalione, accompagnerà le due giornate di studio.

Nato nel 1923, Salis iniziò a insegnare nel dopoguerra nelle scuole elementari. Negli anni ‘50, con il sostegno dell’UNLA, educò la stragrande maggioranza della popolazione lussurgese debellando l’analfabetismo dilagante, ottenendo il riconoscimento dell’Unesco nel 1967. Con i ragazzi del Centro nel 1976 creò il museo della Tecnologia contadina, una delle prime collezioni etnografiche d’Italia di arnesi e oggetti dei tanti mestieri della società pre-industriale: falegnami, carpentieri, vignaioli, contadini e pastori fino ai gualchierai. Fu anche studioso dell’archeologia del territorio e della lingua sarda, pubblicando diversi volumi sulla limba “Studio della lingua sarda logudorese meridionale”.

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