In fondo cosa distingue donne e uomini dagli altri animali che popolano la Terra? Tre manifestazioni dell’intelligenza umana: l’arte, la religione e la cucina. È questo il provocatorio – ma neanche poi tanto – punto di partenza del bel libro “La scimmia ai fornelli” (Carocci editore, 2021, pp. 168) del gastronomo ed esperto di storia dell’alimentazione Alexandre Stern.

E Stern, dato che di arte e religione già in molti hanno parlato diffusamente, ha scelto di raccontarci come cucinare abbia influenzato l’evoluzione e la storia di noi umani. Il tutto in un racconto affascinante e documentato, che ci aiuta a capire che solo mettendosi ai “fornelli” la “scimmia”, cioè i nostri progenitori, ha potuto rendere commestibili, più nutrienti, più facilmente assimilabili e anche più sani – la cottura distrugge tanti microrganismi patogeni – tanti alimenti.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

L’uso del fuoco nelle prime forme di cottura ha così reso disponibili già nella Preistoria grandi quantità di proteine per i nostri antenati che hanno visto il loro cervello crescere di dimensioni fino ad assumere le capacità cerebrali degli esseri umani moderni. Come questo è stato possibile? Semplicemente cuocere i cibi li rende più facilmente digeribili e quindi la digestione richiede minori risorse energetiche rispetto a quelle necessarie per una dieta interamente crudista. Le energie risparmiate sono andate in gran parte a beneficio della nostra attività cerebrale. La cottura, inoltre, ha reso più variegata e adattabile la nostra dieta e questo ci ha consentito di stabilirsi in territori sempre più vasti. Ancora: la cucina ha favorito le forme di socialità, fin dai focolari preistorici dove ci si riuniva attorno al fuoco per preparare tutti assieme il cibo. Ed è diventata elemento integrante delle diverse culture umane tanto che per noi è oramai abituale parlare di cucina francese, italiana, addirittura sarda, laziale o tipica anche di città e località.

L’arte culinaria, insomma, ci distingue dagli altri animali e ci distingue anche tra noi. O almeno ci distingueva, sostiene Stern, il quale dopo aver ripercorso millenni di esperienza umane ai fornelli e averci raccontato, solo per fare degli esempi, come cucinavano Egizi, Romani per arrivare ai ristoranti stellati di oggi, chiude il libro con un chiaro SOS. Per più di due milioni di anni il modo in cui prepariamo il cibo ha avuto un impatto decisivo sulla nostra vita. Oggi, però, stiamo assistendo a una sorta di “disinvenzione” delle pratiche culinarie accumulate nel corso dei millenni. Cucinare, infatti, non è più un’attività collettiva, sociale, ma privata. Soprattutto sempre meno persone cucinano veramente, preferendo ricorrere a cibi o preparati pronti all’uso.

Certo, tutto così è più comodo, però Stern ci segnala quanto perdiamo affidandoci completamente a prodotti preconfezionati e industrializzati. Non conosciamo più gli alimenti, non sappiamo più quali sono i giusti modi per sceglierli, conservarli e prepararli per il consumo. Affidiamo totalmente l’alimentazione, elemento fondamentale del nostro benessere – “Fa che il cibo sia la tua medicina”, diceva già Ippocrate – ad altri e non sempre i risultati sono incoraggianti se vediamo i dati sull’obesità, anche tra i bambini, nel mondo occidentale.

Certo, non possiamo e non vogliamo tornare alla massaia che fa la spesa dal contadino e spadella dalla mattina alla sera. Il libro di Stern, però, vuole suscitare in noi delle chiare domande, dandoci una spinta a chiederci cosa possiamo imparare dal passato. E attraverso uno sguardo critico sulle nostre abitudini alimentari, formula una domanda cruciale per il futuro: che cosa vogliamo mangiare d’ora in poi?

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