Dal libretto universitario a quello delle canzoni da cantare in gruppo, davanti all’altare di una chiesa, o in mezzo a una piazza. Loro sono il Coro Carrales, fondato da Giuseppe Altea e Claudio Podda, a Cagliari.

Un coro di 14 ragazzi, per ora, tutti studenti o ex studenti; «ma accettiamo tutti gli uomini fino ai 45, massimo 50 anni», dice Altea, orgoglioso della sua creatura. Ultimo progetto “Un coro un’isola”, con cui si sono esibiti nella grotta "Su Marmuri" di Ulassai, o nelle dune di Piscinas, pubblicando il video su YouTube.

«Nasce tutto dalla passione per la musica, dal desiderio di condividerla. Un antidoto allo stress universitario, ma anche un modo per sentirsi uniti, portare la propria identità, conoscerne altre». E che musica: «Può essere un misto di canto baroniese, logudorese, del sud o del nord, ispirarsi a musica più classica o moderna. A Ulassai dove abbiamo ripreso la base di “Perfect” ripresa da Soleandro e armonizzata per coro maschile da me, con un testo, “Sarvitri”, che omaggiava la bellezza del luogo. Lavoriamo anche su richiesta delle amministrazioni dei comuni per raccontarne le bellezze, e abbiamo girato tutta la Sardegna tra video musicali e concerti».

Un grande organo dove ha imparato a toccare le corde del cuore e a spingere al massimo le potenzialità di tutti, come un bravo insegnante: «Seguo i cantanti in modo individuale e in gruppo. Ciascuno ha la sua identità, ma il suono deve essere quello dei Carrales. Tondo, mai sguaiato, particolare. Tra noi ci sono ragazzi di Ittiri, di Cagliari, perfino di Bergamo». Studente universitario lui stesso, prima di fondare il coro nel 2010, Altea si è laureato in Scienze dell'educazione, e successivamente laureato e specializzato al Conservatorio. «Suono anche il clarinetto, ho fatto parte di diverse bande musicali. Ma nel coro c’è qualcosa di speciale. Fin da piccolo m’incantavo davanti ai bambini del coro dell’Antoniano, e poi ne ho fatto anche parte, per le Verdi Note. Lo strumento lo comandi e lui esegue, mentre con le persone è molto diverso». Il risultato è un gruppo come una famiglia: «In tanti cantavano già in chiesa o nel coro del loro paese, o comunque la musica è parte della loro identità. E ora alcuni percorrono duecento km per essere alle prove. Per me è la più grande soddisfazione».

Ragazzi come Daniele Ledda, 31 anni, di Domus de Maria: «Sono entrato nel coro dieci anni fa», racconta, «e non manco mai. I ricordi più belli? Aver cantato durante il ritorno di sant’Efisio, sentire il calore della gente. E poi le cene, tutti insieme». Il coro cerca sempre nuovi membri: «Servono solo un po’ di predisposizione, e tanta passione».

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