Era l’11 giugno del 1984 quando a Padova moriva lo storico segretario del Pci Enrico Berlinguer.

Pochi giorni prima, il 7 giugno, il leader sassarese destinato a entrare nella storia del Partito Comunista e della Repubblica italiana, era stato colpito da un ictus durante un comizio nella città veneta.

Si accasciò in diretta televisiva ma continuò il discorso, nonostante anche la folla, dopo i cori di sostegno, urlasse: «Basta Enrico!».

Alla fine del comizio, tornato in albergo, entrò in coma. Fu trasportato all'ospedale Giustinianeo e ricoverato in condizioni drammatiche. L’emorragia cerebrale lo uccise l'11 giugno, dopo 86 ore di agonia. Ai suoi funerali, il 13 giugno a Roma, parteciparono due milioni di persone. Colpite dalla morte di un «grande leader», come scrisse L’Unione Sarda.

La notizia su L'Unione Sarda
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«Un protagonista della vita del Paese che ha dimostrato un profondo rispetto per la costituzione e le sue regole e un'attenzione morale costantemente espressa e sollecitata». Così lo ha ricordato l’anno scorso il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una cerimonia all'Università di Sassari per celebrare il centenario dalla nascita.

L'uomo del "compromesso storico" con la Dc, che seppe tracciare un solco fra il comunismo italiano (il Pci sotto la sua guida toccò il massimo consenso elettorale con il 34,4% nel 1976) e quello sovietico, nacque a Sassari il 25 maggio 1922.
Figlio di Mario, avvocato fervente antifascista, compagno di scuola di Palmiro Togliatti e poi senatore socialista, dopo la gioventù trascorsa a Sassari, con la maturità conseguita al Liceo Azuni, lo stesso frequentato dai due presidenti della Repubblica, Antonio Segni e Francesco Cossiga, si trasferì a Roma. Non prima però di essere stato incarcerato per 4 mesi, dal gennaio del 1944 con l'accusa di essere l'istigatore dei moti del pane.
A soli 26 anni entrò nella direzione del Pci e dopo un solo anno divenne segretario generale della Federazione dei giovani comunisti italiani. Nel 1958 fu vice segretario, sotto Togliatti, nel 1960 responsabile dell'organizzazione del partito, nel 1972 segretario nazionale. Fino alla morte. 

«Uno dei pochi politici che mantiene la parola», disse di lui Enzo Biagi. Roberto Benigni, a una celebre manifestazione del Fgci a Roma nel 1983, lo prese in braccio sul palco: «Questo è un comunista autentico».

(Unioneonline/D)

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