Il mondo dell'arte dice addio a Getulio Alviani, "ideatore plastico", come egli stesso amava definirsi.

Progettista, grafico, teorico, collezionista e promotore culturale, è stato tra i primi aderenti al gruppo Nove Tendencije, che in Italia ha annoverato anche il Gruppo N, apice di quella definita dalla critica come "Arte di ricerca visiva, ottica e cinetica", poi protagonista di tutte le grandi mostre internazionali che hanno segnato il percorso delle avanguardie nella seconda metà del Novecento.

Alviani, nato a Udine il 5 settembre del 1939, è morto questa mattina all'Istituto Palazzolo Don Gnocchi di Milano, dopo una lunga battaglia contro una rara forma di tumore.

"Era un uomo straordinario che - dice la vedova Diora - come una sorta di Forrest Gump ha incontrato tutti, da Man Ray a Duchamp, dai protagonisti dell'avanguardia europei a quelli dell'est e ha contribuito a 'tenerli insieme'. Con lui se ne è andato l'ultimo della sua generazione. Qualche mese fa avevamo perso Enrico Castellani, che poco prima di andarsene lo aveva chiamato per dirgli semplicemente 'Ciao Getulio'. Un'epoca è finita".

Alviani inizia la sua formazione a Udine, nel laboratorio dello scultore Max Piccini, poi lavora in uno studio di architettura e ingeneria, quindi come grafico e progettista in un'industria di apparecchiature elettriche; vince un premio per il design di strumenti elettrici, progetta valvole con una nuova concezione segnaletica e interruttori con pulsanti fluorescenti.

Alla fine degli anni Cinquanta risalgono la sue "linee luce" da cui arriverà alle "superfici a testura vibratile", definizione ideata dal critico d'arte Carlo Belloli.

LA CARRIERA - Nel 1964, espone alla Biennale di Venezia, è al Musée des Arts Décoratifs del Louvre alla mostra "Nouvelle Tendance Recherches Continuelles", a 'Mikro ZERO/NUL - Mikro Nieuw Realisme' a Rotterdam.

Nel 1965 partecipa all'esposizione "The Responsive Eye" al MoMA ed è allo Stedelijk Museum di Amsterdam nella storica mostra collettiva di Zero "NUL negentien honderd en vijf en zestig".

Nel 1976 Alviani sale incattedra all'Accademia di belle arti di Carrara. Nel 1981 va a dirigere il Museo de Arte Moderno Jesús Soto di Ciudad Bolívar in Venezuela da lui consacrato all'Arte percettiva.

Nel 1986 espone nuovamente alla Biennale dei Venezia e vi torna poi nel 1993 con un ambiente .

Partecipa poi, nel 2000, alla collettiva "Open Ends" al Moma, un'antologica che abbraciava dal 1960 al nuovo millennio, una sorta di consacrazione dei maestri dell'arte contemporanea della seconda metà del Novecento.

(Unioneonline/m.c.)
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