Venti di crisi nel governo Gentiloni, dove ieri la maggioranza è andata sotto al Senato scatenando una serie di accuse incrociate fra gli esponenti del Pd e di Alleanza Popolare (Ap, il partito di Angelino Alfano).

Il casus belli è la nomina del presidente della commissione Affari Costituzionali, andata all'esponente di Ap Salvatore Torrisi grazie ai voti dell'opposizione, e non al candidato ufficiale dei dem Giorgio Pagliari.

A Torrisi sono andati tutti i voti dell'opposizione, quelli di Mdp e di 6 franchi tiratori a cui si sta dando la caccia in queste ore.

Il Pd ha subito chiesto un incontro a Paolo Gentiloni e al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, parlando di un episodio "grave, che intacca gli equilibri della maggioranza e non può non avere conseguenze".

Alfano, dal canto suo, ha chiesto subito a Torrisi di dimettersi.

La richiesta non è stata accolta, così ora Torrisi è fuori dal partito: "Non rappresenta più Ap", ha detto il ministro degli Esteri.

E mentre alcuni esponenti centristi accusano il Pd, e in particolare Matteo Renzi, di voler sfruttare il caso, o di averlo creato appositamente, per andare a elezioni anticipate, arriva la smentita piccata di Matteo Orfini. "Siamo oltre le fake news, siamo al dadaismo", ha twittato il segretario reggente del Pd.

A Orfini ha risposto Alfano: "Se la maggioranza è franata dovrebbe essere il primo partito a porsi il problema, se qualcuno cerca pretesti per andare a elezioni anticipate lo dica chiaramente", ha dichiarato il ministro degli Esteri.

E se anche Andrea Orlando chiede le dimissioni di Torrisi, Renzi parla di episodio "antipatico". "Ma non voglio sentire parlare di crisi di governo".

Intanto, la maggioranza è in fibrillazione e Torrisi non si dimette. Un ruolo chiave, quello di presidente della commissione Affari Costituzionali, che deve occuparsi della legge elettorale.
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