La sentenza della Corte Suprema del Regno Unito ha bocciato il ricorso del governo guidato da Theresa May, stabilendo che, per avviare i negoziati per l'uscita dall'Unione europea, non potrà appellarsi all'articolo 50 del trattato di Lisbona.

Sarà quindi necessario un voto del Parlamento che ratifichi o meno quanto deciso dai britannici nel referendum del 23 giugno scorso, in cui il 51,9% dei votanti si è espresso per il "Leave". La consultazione popolare aveva infatti solo carattere consultivo.

Il governo di Londra aveva deciso di fare ricorso contro la sentenza di primo grado dell'Alta Corte di Giustizia dello scorso 3 novembre che - in seguito alla causa intentata dall'imprenditrice Gina Miller e da un gruppo di cittadini pro-Europa - si era pronunciata sul caso, stabilendo la necessità del voto del Parlamento.

La stessa Miller, dopo la sentenza, ha esultato dicendo: "Solo il Parlamento è sovrano e questo verdetto sarà una base legale alla notifica dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona". La donna ha inoltre ribadito di non aver voluto "sabotare" il risultato del referendum, ma di aver voluto ridare centralità al Parlamento sulla procedura di uscita dalla Ue.

La Corte Suprema ha inoltre escluso qualunque potere di veto da parte delle assemblee di Scozia, Galles e Irlanda del Nord sulla Brexit. "I ministri britannici non sono legalmente obbligati a consultare le legislature decentrate", ha infatti dichiarato il presidente della Corte, David Neuberger.

Attraverso le parole dell'alto funzionario dello Stato Jeremy Wright, il governo britannico di Theresa May si è detto "deluso" dalla sentenza, annunciando che nelle prossime ore verrà presentata alle Camere una legge ad hoc per l'avvio dell'iter di uscita dall'Ue.
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